tag:blogger.com,1999:blog-38949732055755229742024-03-13T23:20:49.259-07:00Duende QuaderniEl Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.comBlogger37125tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-23026021646772676162016-06-12T02:11:00.000-07:002016-06-12T02:11:17.299-07:00Hanno un'anima<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Sono ormai ovunque tra noi ed ognuno di loro è un piccolo
mondo, un piccolo popolo di omini grassi e magri che tentiamo, inutilmente, di
dominare.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Controllano la nostra vita in ogni secondo della giornata,
ed anche della notte, siamo divenuti totalmente e morbosamente loro dipendenti.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
È triste pensare che esseri razionali, evoluti,
intellettuali e pragmatici siano ridotti a farsi dominare da uno sterminato
esercito di piccoli nani.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Che disdetta, aver affidato la nostra vita ad un esercito di
zero e uno, i soldatini grassi e magri, che ora ci comandano a bacchetta.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Non capite? Fatevi un giro sulla rete, sul net (internet ma
quale rete, ma quale net): un ammasso di soldatini peggio che gli atomi subito
dopo il big-bang.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Andate a rinfrescarvi o a conoscere il concetto della
"codifica binaria" e vedete a cosa serve, vedete da dove siamo
partiti e dove arriveremo dicendo che sette è fatto da tre magri e otto da tre
grassi e un magro.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
All'inizio era facile, mettevi i soldati in fila e quelli
stavano li fermi, poi li facevi scontrare ed il risultato saltava fuori come
previsto,</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
magari si scontravano un milione di volte in un secondo:
comodo!! Ti calcolavano anche lo stipendio a fine mese.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Poi le cose si sono complicate, sono arrivate le icone e le
finestre ed i soldati si sono nascosti: non li vedi più e non sai cosa stanno
facendo (clessidra, rotellina arcobaleno).</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E qui ti voglio!! Tu credi che loro siano sempre lì, fedeli
al tuo servizio, e invece no! si sono organizzati e fanno più i cavoli loro che
i tuoi.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Tu vuoi una cosa e loro ne fanno un'altra, tu credi di aver
ragione ed invece hanno sempre ragione loro; "se non ti sta bene vai pure
al parco a prendere un po’ d'aria,</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
tanto noi ci riorganizziamo da soli e scarichiamo pure gli
aggiornamenti!"</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Loro HANNOUNANIMA!!!</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Non è forse vero che tutte le cose più diventano complicate
e più assumono un'identità propria? Che interagisce con se stessa e si sviluppa
all'infinito.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Credete che i vostri computer, i vostri tablet, i vostri
smart phone e quant'altro siano al vostro servizio?</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Niente di più falso!! Siete voi al servizio loro!! Vi hanno
imbozzolato nella rete, voi e pure i loro creatori (ai quali è già sfuggita di
mano la situazione).</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Siete nel bozzolo, larve che suggono la linfa dall'enorme
radice: la root, (ce li avete i permessi? avete rutato il dispositivo?).</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Direte :- ma perché questo dice voi, voi, voi e non dice
noi, noi, noi; forse che lui è indenne? immacolato? vaccinato?</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
No, niente di ciò, io ho smontato l'icona, ho guardato cosa
c'è dietro, ho portato alla luce i soldatini e li costringo a lavorare solo per
me.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Attenti fratelli, gli omini grassi e magri li abbiamo creati
noi, e a noi devono obbedire.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Al centro di tutto ci sta sempre l'uomo non la macchina:
usiamo la testa e cerchiamo di essere umanisti, se pur tecnologici.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Buon divertimento.</div>
<div class="MsoNormal">
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></div>
<div class="MsoNormal">
… Gian Pietro Manfredi …</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-36774219588701780042016-06-01T12:05:00.000-07:002016-06-01T12:05:47.248-07:00MAI FIDARSI DI UN AMORE CHE NON TI SPETTINA<center>
(Rolando Kattan “ANIMALE NON IDENTIFICATO”<br />
traduzione di Piera Mattei)</center>
<br />
<div style="text-align: right;">
Eleonora Mozziconi</div>
<div style="text-align: right;">
Davide Toffoli</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjs9OnA22trngDpmWcSVHTTqUAx1KzRps3co6VaDLXsOHVVbh6cPTuV8ip-itzv6DFTwBIFsZ-4CpLexXa0HHVV-XyZj6YM4xnuNFYApR9ka5pazMLriAK-D8-1557d3NeWyv_mJ5ndTBc/s1600/Kattan1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjs9OnA22trngDpmWcSVHTTqUAx1KzRps3co6VaDLXsOHVVbh6cPTuV8ip-itzv6DFTwBIFsZ-4CpLexXa0HHVV-XyZj6YM4xnuNFYApR9ka5pazMLriAK-D8-1557d3NeWyv_mJ5ndTBc/s320/Kattan1.jpg" width="320" /></a><em>Animale non identificato</em> è un libro del 2014, pubblicato dalla Gattomerlino nella sua collana SerieBlu, di un autore che riesce a sorprendere per la sua freschezza poetica e la sua riflessività. Rolando Kattan è nato a Tegucigalpa, in Honduras, nel 1979, ha radici messicane per parte di madre e ebreo-sefardite e palestinesi per parte di padre; questo elemento contribuisce in maniera importante ad una produzione di versi dal respiro ampio, scaturiti dalla lettura sistematica di autori come Montale, Pavese, Campana, Carducci… E ancora Pessoa, Vallejo o gli Haiku giapponesi. Il volumetto è arricchito dal testo a fronte, in traduzione di Piera Mattei, e da una interessantissima ed illuminante intervista all’autore, sempre realizzata dalla Mattei, dal titolo impegnativo e lungimirante “La poesia come utopia”. </div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Abbiamo evidentemente a che fare con una poesia che si serve di immagini nette e forti, che si disegnano nitide e incalzanti al fine di esprimere il pensiero portante dell’autore, che è un contagioso animatore culturale, impegnato nella diffusione popolare della poesia, come strumento di pacificazione e di sviluppo sociale. Dichiara Kattan, nell’intervista: “<em>Noi del Colectivo abbiamo portato i libri e la lettura nei mercati, in villaggi sperduti, nelle carceri, negli ospedali</em>”. </div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvLepE_bgCTENaFBc4cS_rjdE2wkWDUFlYDm6i0LkxdIWbJpN4QH9xJliwfG15S6eulpEkFvj0MzwGpUSo3XAlaCNR-YoS3ahcXCrYwIyiC9_zB3Tmf3O10xqFF2ZihhmPQpIyDdiZGLc/s1600/kattan3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvLepE_bgCTENaFBc4cS_rjdE2wkWDUFlYDm6i0LkxdIWbJpN4QH9xJliwfG15S6eulpEkFvj0MzwGpUSo3XAlaCNR-YoS3ahcXCrYwIyiC9_zB3Tmf3O10xqFF2ZihhmPQpIyDdiZGLc/s1600/kattan3.jpg" /></a><em>Animale non identificato</em> comprende le poesie della sua terza raccolta in lingua spagnola, la prima in Italiano. È poesia che trasuda amore per tutto ciò che si contraddistingua come “ricerca”, che cita infatti autori dell’antichità, filosofi, scienziati: Michelangelo e Leonardo si accostano a Newton ed Einstein, in una sorta di collezionismo della ricerca, che come detto, non si limita alla scienza, tirando in ballo Gόngora, Quevedo, Cervantes e Shakespeare, oppure filosofi come Eraclito, Socrate e Platone. Scrive, con acume, la Mattei: “la definirei anche una poesia edenica e presocratica” che tende sempre all’eternità (“<em>un poema puede llegar a ser eterno / así parece</em>”). Si nutre di citazioni e di riferimenti letterari, sempre piuttosto espliciti (“<em>Mi cabeza / también / pudo ser enterrada en Spoon River / pudo ser asfixiada / en algun viejo libro / pudo ser la cabeza de Yorik / pudo ser cabeza / o pudo / no ser nada</em>”). </div>
<div style="text-align: justify;">
Kattan è poeta di evidente derivazione Montaliana o Eliotiana, dove l’emozione nasce spesso da una sorta di “correlativo oggettivo”: il Bonsai battuto dai venti che si crede l’unico albero sulla Terra, l’odore del pane che “<em>se horneaba sobre el noble fuego de la leña</em>”, la “bella scrittura” che accompagnava formalmente il dono di un ritratto fotografico del nonno. Ma l’elemento costantemente presente è l’acqua: perché è oltremodo vero quanto sostiene la Mattei: “in questa poesia filtra e gocciola acqua”; è un sentore di umidità che si infiltra tra le rocce, che fa nascere i fiori, che fa scendere il pianto… È vitalizzante come la parola. Suggestiva come nella splendida “<em>Lluvia de escaleras</em>”: “<em>Una voz que gotea me dice: / no costruyas castillos en el aire</em>”, e poco più in basso insiste “<em>Una voz que gotea: / no costruyas castillos en el aire</em>”, per un intermezzo in Inglese, di sapore Montaliano e citazione di Bernard Shaw (“<em>if you have built castles in the air… / Now put the foundations under them</em>”), che prelude alla chiusa che va perfettamente a bersaglio (“<em>la gota persiste / pero afuera comienza / a caer una lluvia de escaleras</em>”). È acqua che si fa voce di tutti i poeti defunti, dall’antico Omero al moderno Basho: una sorta di rassicurante liquido amniotico, un liquido capace di dare vita, come la poesia di un libro scritto in mandarino (“<em>las palabras caen como una lluvia sobre sus manos / y sus manos abiertas se llenan de agua / como las manos que entran a los ríos / el hombre a mi lado bebe agua de un libro</em>”). </div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi63eKNtxjgdWjQYhdLOTKGl3n9e0W_w2B2VzVn1b3Yu8b0xr5v0LmzFJw1gAKRIO-yHtOfGQgrgrtlPJ30HuKZStbYc1rEWXk-LjsOzk01k-DIL5Cnw551nz3l5UAisqHlDVLcbfsfw_I/s1600/Kattan2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi63eKNtxjgdWjQYhdLOTKGl3n9e0W_w2B2VzVn1b3Yu8b0xr5v0LmzFJw1gAKRIO-yHtOfGQgrgrtlPJ30HuKZStbYc1rEWXk-LjsOzk01k-DIL5Cnw551nz3l5UAisqHlDVLcbfsfw_I/s320/Kattan2.jpg" width="320" /></a>È forse nel piglio ironico e deciso, però, che dobbiamo riconoscere l’elemento portante della poesia di Kattan, capace di un piccolo capolavoro con la sua “<em>Tratado sobre el cabello</em>”, che suona come un vero “inno al caos”, poeticissimo (“<em>y los amantes que sobre todas las cosas se despeinan / cuando se besan y se aman / por eso les digo: / hay que desconfiar de un amor que no te despeina</em>”) e spiazzante (“<em>en la historia reciente / Albert Einstein fue el más despeinado del siglo XX / y Adolfo Hitler por supuesto / el de los cabellos más ordenados</em>”); oppure, come non citare “<em>Animal no identificado</em>”, che dà il titolo alla raccolta e passa in rassegna tutti quegli animali, insoliti o strani, Pegasi o Centauri, che non trovarono spazio sull’Arca di Noè, per poi approdare all’animale, “non identificato” appunto, che pur avendo trovato posto sull’Arca, ancora oggi non riesce ad essere conosciuto a fondo: “<em>Pero de todos los animales que entraron / no reconozco al animal que recorre mi cuerpo</em>”. </div>
<div style="text-align: justify;">
Abbiamo a che fare con una poesia sempre sintonizzata sul “divenire” (“<em>aprende de las floras que nacen en las tumbas olvidadas</em>”) e sul rifiuto assoluto dell’ “empasse” e della “fissità” (“<em>no te entretengas más porque te volverás fotografía</em>”). L’immagine ricorrente e vitalissima dei “fiori sulle tombe” è suggestiva e coraggiosa, perché non si tratta mai di fiori recisi, bensì di fiori spontanei che nascono sulle tombe dimenticate… Hanno quel sapore speciale, di libertà e di creatività, che Kattan attribuisce alla Poesia e all’Amore. Emblematica e toccante “<em>Acto textual</em>”: “ten <em>a la mano siempre los libros poesía / lejos de los otros / aparte / en donde no los olvides / en donde preda verlos siempre // aunque no los leas o los hayas abandonado / ten los libros de poesía cerca de ti / al lado de tu cama / de cabecera de cama / o de cama / nunca más lejos / siempre en donde los sueños succede / en donde sierra sin miedo los ojos // cerca de donde haces el amor lo más cerca que preda / pues es allí en donde deben estar</em>”. </div>
<div style="text-align: justify;">
Poesia e Amore, dunque, come energia creativa… E dimensione di poeta assume, in tale visione del mondo, anche quell’artigiano britannico, Peter Bellerby, che fabbrica ancora mappamondi a mano e al quale Kattan dedica versi preziosi, come originalissimo artista del “fare”. “<em>Un poema (…) / puede llegar a ser más longevo que una piedra</em>”, oppure “<em>un poema puede llegar a ser eterno / así parece</em>”. Poesia è soprattutto il potere fecondante della parola: “<em>hago valer mi derecho de empezar un Edén</em>”, recita Kattan, per poi chiudere il cerchio, nell’intimità del silenzio (“<em>es posible el silencio // sentir el barro húmedo del cuerpo / y dejarse fecundar al fin por el poema</em>”). Il discorso più attento è sul Tempo, dove si denuncia come regressione il millantato progresso, nel paradosso de “<em>la ciudad</em>” que “<em>se ha vuelto vieja / haciéndose más nueva</em>”; infatti “los <em>años se miden / por los pisane que destruimos</em>”, e dove c’era una scuola troviamo oggi un centro commerciale, nel cortile dove c’era un’acacia troviamo adesso un distributore automatico. L’uomo si illude “padrone del tempo”, nell’ironico simbolo di Kiribati che, dal 2011, è passato da primo a ultimo luogo del pianeta. “<em>El tiempo corre y el arte lo detiene</em>”, come solo il marmo bianco del David di Michelangelo riesce a fare. Curioso e spiazzante, Kattan, anche quando regala immagini e letture ironiche di un orologio fermo alle sei e trenta. </div>
<div style="text-align: justify;">
Profondo e malinconicamente reale, invece, nei versi di “<em>Spoon River Anthology</em>” (“<em>los que van / tienen mucho que decimos / pero muertos / son memore confidentes</em>”), dove nella dialettica vita-morte il dialogo si amplifica soltanto dopo l’estremo passaggio; oppure in “<em>Nosotros muertos</em>”, dove sembra di rivivere, per certi aspetti, alcuni versi del Sereni di “<em>Diario d’Algeria</em>” (“<em>Non sanno di essere morti / i morti come noi</em>”), quando attraversiamo con Kattan una quotidianità svuotata da ogni idea di vita: “<em>los muertos desconocen / su condiciόn de nuerto / visitan officina / viajan en autobuses / y se sientan frente al televisor / en grupos de pequeños cementerios</em>”. È tranciante nei suoi versi il poeta honduregno: “<em>no se puede fingir que es octubre cuando es enero</em>”. Proprio in questa rassegna di stagioni, apprezziamo il coraggio di affrontare a viso aperto la realtà, rifuggendo dalle più comode illusioni; e solo in quest’ottica, di certezza oggettiva e non di illusorietà, leggiamo quel fiore selvatico che, senza alcun perché, torna a nascere spontaneo sulle tombe dimenticate. Un dirompente inno alla vita, con un timido sorriso amaro verso quel “<em>Bonsai</em>”, ancora convinto di essere l’unico albero della terra, che rischia di essere ogni uomo, se non riesce a riconoscere come tracce d’eterno la Poesia e l’Amore e, di conseguenza, a sceglierle, anche e soprattutto quando “ti spettinano”.</div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-5995813173011653232015-10-19T06:29:00.000-07:002015-10-19T06:30:01.883-07:00GLI EQUILIBRISMI DELLA RICERCA “…NEL VENTO, / DELL’ANGOLO PERFETTO”<div style="text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
(Zingonia Zingone, “L’EQUILIBRISTA DELL’OBLIO”</div>
<div style="text-align: center;">
traduzione dell’autrice e di Pietro Federico)</div>
<div style="text-align: right;">
Eleonora Mozziconi</div>
<div style="text-align: right;">
Davide Toffoli</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiviJmLh8h3P0UpnewHyosM5KRrNKqYOFxU_xv0DQq0pQK6DGqPuRd2axhq7R09bAHlmrC-EaSkd0KCepw0zLelL_yFkXtBcv55QiQILCGiPrhEJZ0ifYvnDPHCybyfBaC4wH8ADBHxTs0/s1600/Zingonia1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiviJmLh8h3P0UpnewHyosM5KRrNKqYOFxU_xv0DQq0pQK6DGqPuRd2axhq7R09bAHlmrC-EaSkd0KCepw0zLelL_yFkXtBcv55QiQILCGiPrhEJZ0ifYvnDPHCybyfBaC4wH8ADBHxTs0/s320/Zingonia1.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-weight: bold;">“L’EQUILIBRISTA DELL’OBLIO” è una pubblicazione bilingue del 2011, della Raffaelli Editore di Rimini. E’ una sorta di “dialettica bipolare” quella che lascia scaturire la poesia di Zingonia Zingone, autrice e animatrice culturale cresciuta tra Italia e Costa Rica, Dire senza nascondere, senza celarsi dietro eleganti e altezzose maschere di parole difficili o desuete, evidenziando la profonda colloquialità di Ernesto Cardenal o la conoscenza impura e deflagrante di Pablo Neruda. Nella preziosa prefazione di Alicia Partnoy si rimanda alla riflessione lucida e personalissima di Claribel Alegría. Gitana per il mondo, affranta dal dolore degli oppressi, è capace di ricreare il mito intrecciando in maniera semplice e naturalissima il quotidiano e l’eterno; una corda tesa sulla quale camminare con prezioso equilibrismo, non rassegnandosi mai a precipitare nel burrone dell’oblio. La raccolta si apre con una citazione apocalittica (Ap 12,1-2), in un riferimento sacro al “femminile” più alto, seguita immediatamente da un’altra di Paul Beauchamp: “…<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La letteratura apocalittica nasce / per aiutare a sopportare l’insopportabile…</i>”. Con queste chiavi di </span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="mso-bidi-font-weight: bold;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMOHMYQkSooFNv2rQbJN3cuxk32qAnBppfrWIcRGi_L4IfgSDVqE0C_MF68M5fUoAVXJLfLCGOpvnjSr3r2VkuNvDOQn1yjOjLZVcCCkc2DrH_JZX-7QTQvgygnUUu1lGqozM2ZButqI4/s1600/Zingonia2.jpg.gif" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMOHMYQkSooFNv2rQbJN3cuxk32qAnBppfrWIcRGi_L4IfgSDVqE0C_MF68M5fUoAVXJLfLCGOpvnjSr3r2VkuNvDOQn1yjOjLZVcCCkc2DrH_JZX-7QTQvgygnUUu1lGqozM2ZButqI4/s320/Zingonia2.jpg.gif" width="227" /></a></span></div>
<span style="mso-bidi-font-weight: bold;">lettura ci addentriamo nel viaggio poetico per incontrare subito un piede nudo “…<i style="mso-bidi-font-style: normal;">dalle dita perfette / nella sua zucca, lontano nell’alba”, </i>sospeso in una dimensione quasi onirica, tra futuro e ricordi. La dimensione ha sempre i contorni del sogno e spesso risulta fuorviante (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pasar por el marco de la puerta / sin saber si has entrado / o estás saliendo”</i>); anche quando, in fondo al corridoio, appare il corpo misterioso di un uomo, camminatore immobile, sul suo tapis roulant: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">es un cuerpo que camina / sobre una banda rotatoria / y tú, una fantasía, / poco más de lo que fuiste / más de lo que serías”</i>. Si cerca l’apice dell’equilibrio (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La bailarina de Degas”</i>), ma la caduta è inattesa e sempre dietro l’angolo (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pierde el contrapeso del olvido / y precipita / y se quiebra</i>”). “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Camina la cuerda en equilibrio…”</i>, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Camina de punto a punto…</i>”, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vira la cuerda en el viento…”</i>, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sigue la cuerda el camino…</i>” oltre che come incipit decisamente efficaci, suonano piuttosto come dichiarazioni d’intenti. E’ una poesia di contrasti: il più evidente resta quello tra tangibile e intangibile (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">No me queda más / que el tacto de lo certero / el sofá tres almohadas / mientras el alma / como el humo de un puro / asciende lenta”</i>; oppure “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Veo las nubes pasar / bajo el avión // así pasan / tupidos / mis temores / mis heridas / hombro a hombro”</i>). Si parte per cercare di sopportare il dolore, per trovare un Dio in cui credere, per altruismo, per colmare un vuoto, ma in Zingonia si parte sempre e solo, in maniera costruttiva, verso il buio. Oltre questa partenza, il tema dello specchio e della mutevolezza, all’interno di esso, del volto al passare del tempo (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Es incómodo / mirarse en el espejo</i>”; “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">y escrutarse es / escarbar la tumba / del viejo rostro</i>”). “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La culpa es una cárcel / que se erige en torno al alma / ladrillo sobre ladrillo</i>” e la fuga da essa non può essere il volo, che rischierebbe di trascinare con sé ogni soffocante mattone; sembrerebbe piuttosto la fede, magari verso la Vergine Santissima, inginocchiandosi “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">con la entrega / del desasosiego / con la esperanza / de quien ha tocado el fondo</i>”. La vita è una magia incoerente, da vivere in prima persona, ascoltandosi, magari rompendo gli schemi “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">con la Fortaleza de los mártires</i>” y<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> “el desapego de los locos</i>”. La duplicità emerge, a tratti, anche nel doppio registro, che porta ad accostare colte citazioni in Latino a ludici riferimenti a Buggs Bunny. La Fede è un percorso da affrontare, spogliandosi di tutto il superfluo per trovarsi in modo reale (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Hoy me robaron un anillo. / Hoy me quité un peso de encima</i>”); un percorso intriso di sana quotidianità (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Una mínima iglesia de adobe y campana / sumergida en las colinas / de olivos y cielos tersos. / Te ofrezco, Señor, renunciar / a los excesos de esta vida / moderna”</i>). Ma la costante è il rapporto dialettico tra finito e infinito (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tan sólo mirame / y dime que un riachuelo / une tu lago con el mar”)</i>, dove </span>è auspicabile la visionarietà dei bambini per rifuggire una deleteria e asfissiante razionalità (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Es asunto de niños / eso de tener visión. / No es asunto mío / eso de fingirme sabia”</i>). E’ salda l’attenzione alle periferie cosmopolite popolate di reietti o di randagi, ma anche alla tradizione che può apparire come gabbia, cornice o letto di fiume da seguire. Ma il dualismo più alto <span id="goog_1468010474"></span><span id="goog_1468010475"></span>è quello del nome, Zingonia, dove troviamo inoltre la scissione tra città, mai compiuta, rifugio degli emarginati e bersaglio del più becero fondamentalismo dei razzisti, e poetessa, progetto invece perfettamente portato a compimento e capace di trovare “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">nel vento / l’angolo perfetto”</i>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Me llamo Zingonia / como el nuevo Bronx / no uso seudónimo”.</i> La seconda sezione, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nunca seremos hormigas</i>”, si apre nel segno del biblico Qoeleth, con il già detto e pur sempre da ridire di turoldiana memoria. Ogni progetto sociale dell’uomo sembrerebbe destinato, inevitabilmente, a fallire (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nunca seremos hormigas / cabizbaja muchedumbre / en elevación del bien común</i>”), soprattutto per l’inesauribile cinismo dei potenti capace solo di alimentare l’odio dei fondamentalisti che “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">revientan las jaulas / en el nombre de Dios</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">/ porque ya no aguantan / al Emperador optimista // invadiendo el universo / $anguinariamente $onriente”</i>. In un mondo fatto di spettatori vigliacchi ed inerti (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nosostros seremos Creonte. Nosotros, los ciegos / habitantes del pueblo global / seguimos como Ismene / caminando cobardemente por la historia / refugiados en la red, ojos agachados / como si todo y nada estuviera </i><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB-ejRgZcQoVgwOHjGbxO7cK8TTq10eOpe1-X-Rzqk8TQZ1NWfrSM6GVh1uDDbY8APMH7xgTMOL2sTzzH_HQM4ybQokoCpDiw_qQjy20r-V_zXsfayoUU9UgQB6T5LU-0eJwKXvSVlQO4/s1600/Zingonia3.gif.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB-ejRgZcQoVgwOHjGbxO7cK8TTq10eOpe1-X-Rzqk8TQZ1NWfrSM6GVh1uDDbY8APMH7xgTMOL2sTzzH_HQM4ybQokoCpDiw_qQjy20r-V_zXsfayoUU9UgQB6T5LU-0eJwKXvSVlQO4/s320/Zingonia3.gif.jpg" width="320" /></a></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">
aconteciendo</i>”). L’ultima sezione, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La ciudad invisible</i>”, è una costante riflessione sulle nomadi profondità dell’anima (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tiene algo de nómada / mi residencia fija</i>”), dove non sembra esistere una pianta per orientarsi (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mi errático deambular /…/ Teje / itinerarios antojadizos / por las sendas / de la esperanza y del olvido”</i>), né tantomeno tracce possibili da seguire (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La arena cubre huellas / forma garabatos / en la playa / de tus vivencias”</i>). Si affrontano ancora, in costante dialettica,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fisicità e spirito, polvere da sparo che cerca di uccidere l’aria del giorno; ma anche intimità e solitudine (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La luna se asoma / a la ventana / y quieta observa / los juegos del aire / una silueta en vilo / una mujer desarmada // los malabarismos de la soledad”</i>). Si abbraccia in una toccante sinestesia questo <span id="goog_1468010489"></span><span id="goog_1468010490"></span>costante intreccio di sfere sensoriali (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">la melodía de tus ojos”).</i> La sintesi perfetta, l’epilogo del <span id="goog_1468010481"></span><span id="goog_1468010482"></span>viaggio, il presente e la parallela promessa di futuro è infine la Donna, dal cuore madre, dal cuore amante, dall’innata progettualità: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Una mujer lleva el corazón madre…”, </i>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Una mujer lleva el corazón amante…”, </i>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Una mujer escribe su mejor historia, / coloca su porvenir en el pico / de un ave migratoria / y busca en el viento / el ángulo perfecto</i>”. Una donna, dal sapore fisico e sacro, di nome <span id="goog_1468010483"></span><span id="goog_1468010484"></span>Zingonia.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-24059493450987639602015-09-06T06:03:00.000-07:002015-09-06T06:09:43.835-07:00Giuliano Soria, "Alfredo Conde. I Miti della Terra Galega", Edizioni Nuova Cultura<span style="color: white; font-family: Georgia, 'Times New Roman', Times, serif; font-size: 14px; line-height: 19.6px;">Alfredo Conde (Allariz, Galizia, 1945) è uno dei più noti romanzieri galeghi nella millenaria cultura del nord-ovest della Spagna che possiede una vivace letteratura. In gioventù, è stato un marinaio e, successivamente, un politico. Narratore prolifico, ha pubblicato racconti, saggi, opere teatrali e importanti romanzi tra cui <i>Breixo</i> (Cátedra, 1981), <i>Xa vai o Grifón no Vento</i> (Galaxia, 1984, Alfaguara, 1987), <i>Los otros días</i> (Destino, 1991), <i>Azul Cobalto </i>(Edhasa, 2001), <i>Memoria de soldado</i> (Sotelo Blanco, 2002),<i> Lukumí</i> (Bruguera Editorial, 2006), <i>Maria de las batallas</i> (Galaxia, 2008) e <i>Llovida del cielo </i>(Edhasa, 2014). La fama di Alfredo Conde è legata al romanzo <i>Xa vai o grifón no vento</i>, vincitore dei premi <i>Premio Blanco Amor</i> (1984), <i>Premio de la Crítica Literaria Española</i> (1986), <i>Premio Nacional de Literatura </i>(1986) e <i>Premio Grinzane Cavour</i> (1990). In Italia, “Huesos de Santo” è stato tradotto con il titolo “Il Mistero del Santo sul Cammino di Santiago” da Giuliano Soria per l’editore Alberto Gaffi. “Il Grifone” è stato pubblicato da Editori Riuniti a cura di Giuseppe Tavani. Nel 2015, l’editore Sentieri Meridiani ha pubblicato “69 Poesie” a cura di Patricia Martelli Castaldi. </span><br />
<span style="color: white; font-family: Georgia, 'Times New Roman', Times, serif; font-size: 14px; line-height: 19.6px;">In questo studio, Giuliano Soria affronta in un’analisi attenta i romanzi Breixo e El Griffón, sia da un punto di vista stilistico-strutturale che contenutistico-tematico, mettendo in risalto la galleguidad propria dell’autore, il disagio psicologico, l’erotismo e la sensualità che traspaiono nelle vicende relazionali dei personaggi.</span><br />
<span style="color: #333132; font-family: Georgia, 'Times New Roman', Times, serif; font-size: 14px; line-height: 19.6px;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2I7vliy1p_j_Oyho39UCxJTMRd4ukrfcnEQlfSljE_prpYN0-7zKcXBAtWuM5uwXaDIdxRKYnTmn3o8P8j0ABszdFNtaji2SY5jzK4CCdy5dmIKBIfT1-R5p3KcxFnRTm4dyVXGBf5cY/s1600/cover.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2I7vliy1p_j_Oyho39UCxJTMRd4ukrfcnEQlfSljE_prpYN0-7zKcXBAtWuM5uwXaDIdxRKYnTmn3o8P8j0ABszdFNtaji2SY5jzK4CCdy5dmIKBIfT1-R5p3KcxFnRTm4dyVXGBf5cY/s320/cover.jpg" width="228" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giuliano Soria, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2015</td></tr>
</tbody></table>
<span style="color: #333132; font-family: Georgia, 'Times New Roman', Times, serif; font-size: 14px; line-height: 19.6px;"><br /></span>
<span style="color: #333132; font-family: Georgia, 'Times New Roman', Times, serif; font-size: 14px; line-height: 19.6px;"><br /></span>El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-70780905495756600462015-08-07T06:02:00.004-07:002015-08-07T06:03:04.470-07:00“L’ODORE DELLA POLVERE DA SPARO”<div align="right" class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b><span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></b></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b><span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">Oltre l’odore, nel
grigio, una traccia di colore più acceso</span></b></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b><span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiG5JhYboGjAJxfs1abmnDE1aSSxbtNnELa0M7nwlsWD1SwWzbT2Io4w5KYhfuQmn08u5eIkFIvlYQfvetvTpvoCLOQdlUEi1um8JPhqdG8pgPPUPaUalVbxnuG12WgFXjOC6A5pO5fdY8/s1600/odore.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiG5JhYboGjAJxfs1abmnDE1aSSxbtNnELa0M7nwlsWD1SwWzbT2Io4w5KYhfuQmn08u5eIkFIvlYQfvetvTpvoCLOQdlUEi1um8JPhqdG8pgPPUPaUalVbxnuG12WgFXjOC6A5pO5fdY8/s320/odore.jpg" width="199" /></a></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b><span style="font-size: 14.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 115%;">di Davide Toffoli e Eleonora Mozziconi</span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">“<i>L’odore della polvere
da sparo</i>” (Edizioni Spartaco, S. Maria Capua Vetere - CE 2015, collana
Dissensi) è l’ultima fatica letteraria di Attilio Coco e si apre con una
illuminante quanto preziosa citazione da “Utopia e disincanto” di Claudio
Magris: “<i>Il fiume della Storia trascina e
sommerge le piccole storie individuali, l’onda dell’oblìo le cancella dalla
memoria del mondo; scrivere significa anche camminare lungo il fiume, risalire
la corrente, ripescare esistenze naufragate, ritrovare relitti impigliati alle
rive e imbarcarli su una precaria Arca di Noè di carta</i>”. Tuttavia, l’Arca predisposta
dall’autore è, in questo caso, tutt’altro che precaria: ha difatti il raro
pregio di regalare personaggi che restano indelebili nella nostra mente di
lettori, anche dove potrebbero rischiare di apparire complessi ed intrisi di
fortissima soggettività. Abbiamo a che fare con un intreccio delicatissimo di
vite, di luoghi e di eventi, dove i singoli sembrano arrivare ad appartenersi,
pur sfiorandosi soltanto. Siamo chiamati, assieme al narratore (a tessere le
fila del racconto è infatti lo scrittore Pietro Mattei), a ricostruire la vita
di Gianni Ceccante, affermato attore di teatro, rimettendo insieme le sue
memorie e i suoi ricordi impressionistici legati agli incontri e agli eventi degli
ultimi anni di Liceo a Potenza, accompagnandolo poi negli anni della svolta e
dell’amore in una Capitale dalla bellezza mozzafiato, ma popolata di fantasmi e
di sinistri spettri provenienti persino dal futuro, per terminare nella Torino
della grande industria automobilistica e del boom economico a tutti i costi, dove
comunque si riuscirà a respirare la possibilità di resistere ripartendo
dall’anima più profonda e sincera dei singoli che torneranno ad incrociarsi
nella quasi magica suggestione di un incontro, destinato ad eternarsi nella
memoria. La forza ineluttabile del simbolo mi spinge a tirare in ballo quella
foto del Grande Torino, stagione ’46-’47, più volte presente nei luoghi del
libro, quasi a sottolineare il coesistere di tragedia e di sogni di
rinascita e di vittoria nella storia non
solo dei singoli, ma di un intero Paese, sul quale incombe minacciosa e
spietata una terribile malattia: il fascismo, il fascismo più profondo, il
fascismo dell’anima che si adegua e rinuncia a ribellarsi e a reclamare la
propria originalità e il proprio spazio. Il titolo potrebbe indurci a pensare
ad un giallo, ad un noir, ad un libro di genere… “<i>L’odore della polvere da sparo</i>” è molto di più: è un’indagine
umanissima nella Storia del nostro Paese e non solo, raccontata attraverso le
quasi invisibili esistenze dei singoli (giovani, professori, ragazzi,
professionisti, genitori…), evocata a volte in alcune delle sue pagine più
crude ed oscure (i fatti di Potenza del 29 aprile 1947, quando la polizia spara
sulla folla scesa in piazza per manifestare contro la fame e la disperazione
che dilaga nelle campagne, la strage del Primo Maggio a Portella della
Ginestra, i fatti di Piazza dello Statuto del 1962 a Torino, il ricordo della
Guerra Civile Spagnola, l’evocazione quasi profetica delle tragiche vicende che
animeranno l’Argentina di lì a poco…). Sono pagine che costringono a riflettere
sulla scissione drammatica tra <i>democrazia
reale</i> e <i>democrazia formale</i>,
pagine che hanno il respiro anarchico e la sagacia critica del Professor
Ludovico Marotta e di tutte le persone che animano quel “covo libertario”
costituito dalla Libreria Marchesi. Un’opera che si porta dentro il dramma
profondo di un Paese e di un popolo colpiti a morte ogniqualvolta sembrerebbero
stringersi e farsi coraggio per reclamare il loro spazio e per prendere
realmente coscienza di sé. Un libro attraversato però anche da Poesia e
Profezia, soprattutto nei personaggi femminili che lo popolano e assolutamente
mai da comprimari: l’elegante saggezza e l’orgogliosa fierezza della signora
Silvana Marchesi, con il suo foulard di seta viola, lucida nel saper leggere
oltre l’apparenza di uno sfogo dettato dalla frenesia delle circostanze e di
cogliere il senso profondo delle parole; la toccante consapevolezza della madre
di Gianni, poetica protagonista nel lasciarsi affascinare dalla lettura di
Edgar Lee Masters e della sua coraggiosa “Antologia di Spoon River”, profetica nel sottolineare i gesti consueti e
sospesi del tempo di suo figlio Gianni che si volta verso le finestre chiuse
dei palazzi e che cerca di cogliere con l’immaginazione l’unicità delle
esistenze che si nascondono dietro di esse; la visionaria ed inquietante
veggenza di Alejandra, “la Maga”, quasi ossessionata da Buenos Aires e da
quella sua aurea mistica di Amore e Morte, dove il diffondersi della consueta
malattia e la tragedia sembrano destinate a divenire ancora una volta un’esperienza
collettiva. Queste figure femminili si stagliano letteralmente con sembianze da
Sibilla… Sembrano quasi un respiro costante della Grande Madre che, qualsiasi
cosa accada, resta sempre profondamente legata all’incedere ciclico ed
ineluttabile della Vita e della Morte. Ma sono il ricordo e la memoria a
costituire il cardine vero del libro: il persistere, prima di tutto, di
quell’odore di polvere da sparo e di sangue che rimarrà sempre nelle narici e
che, per dirla con le parole dello sfogo che il professor Marotta rivolge a don
Carmelo, “<i>sarà lo stesso odore che
sentiremo ogni volta che si cercherà di cambiarlo veramente questo Paese</i>”;
la consapevole memoria di una scelta possibile, quella ad esempio delle prime
comunità cristiane “<i>nelle quali ogni
individuo si prendeva cura dell’altro. Niente proprietà, nessun bisogno di
controllo superiore. E libera scelta di adesione a un modo di vivere. Nessuna
imposizione</i>”. Ricorrendo ancora una volta alla forza immaginifica e
sintetica del simbolo, l’anima di questa interessantissima proposta letteraria
di Attilio Coco risiede tutta nei capelli di Camillo “<i>di un grigio particolare sul quale sembra resistere ancora, pervicace e
a dispetto di tutti gli anni passati, una traccia di colore più acceso</i>”.
Gianni e il suo amico d’infanzia “Diavolorosso” torneranno a condividere,
ancora una volta, il loro sguardo vitale e critico sul modo circostante, ben
oltre la drammatica scia di sangue che loro malgrado li ha sempre accompagnati,
e a reclamare con maturata saggezza il proprio inestinguibile slancio
libertario. Una lettura che non è davvero il caso di lasciarsi sfuggire e che
merita occhi attenti e animo libero perché, oltre l’odore persistente della
polvere da sparo, lascia in ogni caso percepire, anche nel grigio, “<i>una traccia di colore più acceso</i>”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div align="right" class="MsoNormal">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">DAVIDE TOFFOLI e ELEONORA MOZZICONI<o:p></o:p></span></div>
<div align="right" class="MsoNormal">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxK10LS5pzBllnJUL_p2u59pTT90vmP5nrxWb0gjXOptIDCsMXnm05WO1f9I_A43h04iWF-mhukKAoyBftWTccocTIntXtjVDkeKwVFtHok00-hBFOLTnPJndFPnI2DqDi58rks3CM5gQ/s1600/Attilio+Coco.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxK10LS5pzBllnJUL_p2u59pTT90vmP5nrxWb0gjXOptIDCsMXnm05WO1f9I_A43h04iWF-mhukKAoyBftWTccocTIntXtjVDkeKwVFtHok00-hBFOLTnPJndFPnI2DqDi58rks3CM5gQ/s400/Attilio+Coco.png" width="241" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Attilio Coco</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div align="right" class="MsoNormal">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div align="right" class="MsoNormal">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
</div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-29434252615545237112015-07-29T06:36:00.000-07:002015-07-29T06:36:04.904-07:00un mínimo de racionalidad un máximo de esperanza <br />
<br />
<b>José de María Romero Barea<br />
un mínimo de racionalidad un máximo de esperanza <br />
Poesía (qué si no) II<br />
Selección</b><br />
<br />
<br />
<br />
<br />
V<br />
<br />
Mudarse para volver <br />
<br />
Irse junto a otras formas <br />
vegetales o animales que uno <br />
(extrañamente) reconoce <br />
como propias<br />
<br />
Un río <br />
por ejemplo<br />
<br />
Una corriente de agua irreal <br />
aunque no menos que la que corre <br />
a unos metros de donde<br />
escribo (y que puedo ver desde <br />
mi ventana) <br />
<br />
Subrayo el río<br />
<br />
Describo una forma <br />
sinuosa que quiere decir río <br />
pero más arcaica <br />
más parecida a un dibujo prehistórico <br />
o al trazo de un niño<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<strong>Pregunta del autor para las lectoras/es del blog de <em>Quaderni</em>:</strong></div>
<div style="text-align: center;">
<strong></strong><br /></div>
<div style="text-align: center;">
<strong>¿Son racionalidad y esperanza dos términos necesariamente opuestos?</strong></div>
<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<strong>José de María Romero Barea</strong> (Córdoba, 1972) es profesor, poeta, narrador, traductor y periodista cultural. Autor de <i>Poesía (qué si no)</i>, cuya primera sección <i>el corazón el hueco</i>, consta de la trilogía <i><a href="http://www.diariolatorre.es/typo1/index.php?id=269&tx_ttnews%5Bpointer%5D=19&tx_ttnews%5Btt_news%5D=5170&tx_ttnews%5BbackPid%5D=288&cHash=679978804c"><em>Resurrecciones</em></a></i> (Asociación Cultura y Progreso, 2011), <a href="http://autoresenhuidaplaquettes.blogspot.com.es/p/jose-de-maria-romero-barea.html"><em>(mil novecientos setenta y) Dos</em></a> (Ediciones en Huida, 2011) y <a href="http://www.diariosigloxxi.com/texto-diario/mostrar/150083/talisman#.U-CtBeN_vQo"><em>Talismán</em></a> (Editorial Anantes, 2012), del que la plaquette <a href="http://fieldofficeagency.com/qavenue/chapbook-catalog"><em>ridículo ciego feliz en mi sitio</em></a>(Q Ave Press, 2012) es un adelanto. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ediciones Alfar editará en 2015 su poemario <a href="http://bibliotecadeaguilar.blogspot.com/2013/05/fondo-local-poema-i-de-jose-de-maria.html"><em>un mínimo de racionalidad un máximo de esperanza</em></a>. </div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-46044223657113103372015-05-31T01:28:00.001-07:002015-05-31T01:34:55.172-07:00Iolanda Beccaris - La Littorina di Nosserio <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiW8dITt4gitTYT-WkPRsWvJhTNvJTOWa8X5JrwJJvKQoXeITQg2jw6HkQ6GM9XoFbddL-sCnVkaeBTaGAq9mRywUsYr4C9m99r0JbewWzcaTNlKVwIWvNkY4D5r4eeTph2U0hIwacRHj8/s1600/oklit.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiW8dITt4gitTYT-WkPRsWvJhTNvJTOWa8X5JrwJJvKQoXeITQg2jw6HkQ6GM9XoFbddL-sCnVkaeBTaGAq9mRywUsYr4C9m99r0JbewWzcaTNlKVwIWvNkY4D5r4eeTph2U0hIwacRHj8/s320/oklit.jpg" width="241" /></a></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="text-align: left;">
<br /></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="text-align: right;">
<br /></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="text-align: right;">
di Ivan Fassio</div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="text-align: right;">
<br /></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst">
<br /></div>
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Iolanda Beccaris esordisce a 89 anni con un
romanzo autobiografico, che alterna memorie di una vita di lavoro a liriche
descrizioni di Sant’Anna e di Nosserio, piccole borgate di Costigliole d’Asti,
paese del Basso Monferrato. Appassionata da sempre di botanica ed erboristeria,
l’autrice ha scoperto la letteratura da autodidatta, in età relativamente tarda.
Proprio grazie al suo interesse per i fiori e le piante, Iolanda frequenta
negli anni Novanta i Giardini Hanbury a Ventimiglia, dove si teneva ogni anno
un premio letterario. Qui Iolanda conosce Francesco Biamonti, Nico Orengo,
Gérard de Cortanze, Amos Segala e Sandro Grappiolo. Tutti questi letterati
appaiono come personaggi nella seconda parte del romanzo, sullo sfondo dei
paesaggi liguri e di una Parigi dipinta vivacemente con spirito naïf. La città,
scoperta dopo i sessant’anni a causa della pressante curiosità per l’arte e la
poesia, chiude idealmente un percorso esistenziale sofferto, segnato da rinunce
e sacrifici.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
Il testo ripercorre con nostalgia
coinvolgente i ricordi dell’infanzia contadina, soffermandosi su alcune usanze
tipiche degli anni Trenta e sottolineando la mancata dedizione durante la
giovane età nei confronti delle nascenti passioni per la lettura e lo studio, a
causa dei primi impegni lavorativi in campagna. Liala ed Emilio Salgari sono
gli autori dell’adolescenza, consumati voracemente all’ombra di un gelso,
portando la mucca al pascolo. Le leggende sulle “masche” affascinano e turbano
la giovane Iolanda, durante le serate passate a “vijé”, a chiacchierare e a
narrare storie nelle stalle dei vicini di casa. L’educazione cristiana,
spontaneamente acquisita dalla “dottrina” appresa nell’amata Chiesa di Sant’Anna,
trova ben presto una più forte ragion d’essere nell’appoggio ai partigiani
“bianchi” cattolici, tra i quali spicca da subito la figura di Carlino, futuro
marito dell’autrice.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
Gli anni Cinquanta e Sessanta sono vissuti
all’insegna del duro lavoro nel magazzino di alimentari e prodotti enotecnici a
conduzione familiare. Gli eventi fondamentali di questi anni sono la grande
gioia per la nascita dei figli, Oreste e Giuseppe, il crescente sentimento di
insoddisfazione e di inquietudine nell’opprimente clima di provincia, a
continuo contatto con clienti e rappresentanti, e, infine, la scomparsa di
Carlino, da anni malato di cuore. La littorina che collega Castagnole Lanze a
Isola d’Asti e che ferma a Nosserio è l’unica via di fuga in questi anni, la
prima strada che i figli percorrono, spinti dagli stessi genitori, per
proseguire gli studi e scoprire il mondo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
La narrazione subisce una svolta tematica e
stilistica a partire dall'abbandono dell’attività negli anni Ottanta e da un
altro avvenimento fondamentale: la patente. Da questo momento, iniziano i
racconti dei viaggi, delle scorribande tra Piemonte e Liguria alla ricerca di
santuari e di scenari pittoreschi, dell’emancipazione dalla <i>routine </i>della vita paesana. Il dettato
si fa mano a mano più fluente, la scrittura più limpida, fino alla descrizione
del recupero delle passioni originarie: gli studi, le letture, la raccolta
delle proprie testimonianze. Durante la vecchiaia, vissuta per scelta a Torino
nella casa che guarda sulla Mole, Iolanda, prima contadina e commerciante, poi
viaggiatrice, diventa finalmente scrittrice e fissa sulla pagina le proprie
esperienze.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
In appendice, alcuni gustosi capitoli e un
“dizionarietto” illustrano al lettore le principali attività dell’autrice e
fanno luce su alcune peculiarità del territorio e della tradizione piemontese. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
Libro per tutti, “La Littorina di Nosserio”
è un capolavoro di spontaneità, scritto con disinvoltura e chiarezza: un
affascinante spaccato novecentesco del Piemonte con le sue caratteristiche di
laboriosità, serietà e riservatezza.</div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<br /></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<br /></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpLast">
<span style="font-family: 'Times New Roman', serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Iolanda Beccaris</span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La Littorina di Nosserio<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Prefazione di Giulia Lanciani <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Introduzione di Gérard de Cortanze <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Postfazione di Ivan Fassio<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Collana: LEPRINTIMES<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">ISBN:9788899389017<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">data di pubblicazione: giugno 2015<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpMiddle">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Euro: 16.00<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpLast">
<span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><a href="http://www.lalepreedizioni.com/">http://www.lalepreedizioni.com/</a><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-20123181337003215262015-05-28T02:13:00.000-07:002015-05-28T02:17:40.366-07:00TRA UNA FINESTRA CHIUSA E UNA APERTA, UNA FAME DI PAROLE VERSO IL SILENZIO<br />
<center>
(Javier Vicedo Alós, “FINESTRE SU NESSUNA PARTE”</center>
<center>
con traduzione di Antonio Bux)</center>
<center>
</center>
<div style="text-align: right;">
Eleonora Mozziconi</div>
<div style="text-align: right;">
Davide Toffoli</div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<i>Finestre su nessuna parte</i> è una pubblicazione bilingue fresca e snella, del 2015, delle Edizioni Gattomerlino.<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoxDoVm1BW3BekkmMDscGzIabpQsS7Fa1gc4WdPchUxTce1E1re_zq1RrKPsT0wOLHNBm3GJLicIgyCo4XXd1gcA8dnQJtRQwfcPKoyEsidD2FulJTFqkWiAa8yAY5bZcKLtsSWmTTP_4/s1600/javier+vicedo+alos+1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoxDoVm1BW3BekkmMDscGzIabpQsS7Fa1gc4WdPchUxTce1E1re_zq1RrKPsT0wOLHNBm3GJLicIgyCo4XXd1gcA8dnQJtRQwfcPKoyEsidD2FulJTFqkWiAa8yAY5bZcKLtsSWmTTP_4/s1600/javier+vicedo+alos+1.jpg" /></a>Javier Vicedo Alós (Castellón, 1985), giovane autore teatrale e poeta spagnolo, nelle sue liriche vigili e consapevoli, affacciate sul silenzio e sul vuoto sapienziali, tradotte con mestiere ed originalità da Antonio Bux (Foggia, 1982), ci regala una raccolta di indubbio spessore e di indiscutibile profondità emotiva. Ci accompagna verso il sottile piacere originario del silenzio, passando attraverso il lirismo quasi sacro della parola. Si muove tra una “finestra aperta”, quella della “memoria” di Jose Ángel Valente, e una “finestra chiusa”, quella del sogno e della potenzialità di Fernando Pessoa, animata da una coerenza di fondo ben riconoscibile già nella dedica: “<i>A mis padres, por la oportunidad infinita</i>”. Un viaggio ineluttabile (“<i>El hambre de palabras que no acierto / derrumba y levanta mis días</i>”) e impossibile (“<i>Todos los signos apuntan al imposible</i>”), che lascia trasparire l’ineffabilità della ricerca (“<i>Que me calle la misma verdad que persigo</i>”). </div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
La prima sezione è aperta da “Homenaje vertical”, con dedica al poeta argentino Roberto Juarroz, e già vi si incontrano i suggestivi temi che caratterizzano la raccolta: la colpevolezza dell’uomo (“<i>Echamos fuego al agua / y apagamos la transparencia. / Así quema el hombre la claridad del mundo</i>”) e, soprattutto, la voce pesante del silenzio (“<i>Se nace sin palabras</i>”, oppure, “<i>enmudece cualquier palabra</i>”, e ancora, “<i>Se aprende a callar con los años</i>”). Il silenzio, come origine e punto d’arrivo, è una condizione armonica di equilibrio (“<i>Y sin embargo, / aunque vivir sea enmudecer, / existe un placer original en el silencio / que justifica todos los silencios</i>.”). La parola rischia di essere rottura, rumore funesto proprio sul punto di piombare sulla preda (“<i>como si una rama / se partiera infinitamente / a punto de atropa al pajaro</i>”). La parola è sempre già distanza. “<i>Cantabile, ma non troppo</i>”, un omaggio al giovane compositore José Pablo Polo, segue questa linea dell’indagine e dell’ascolto del silenzio come musica viva (“<i>Yo soy música viva, / palpitación de sueño, / Un acorde imposible mirando al infinito</i>.”) e indica possibili strategie (“<i>Hay que ascultar el aire, / (…) / Pulsar la luz que espera / infinita en las teclas de la noche</i>.”). Nella suggestiva “Fruto del silencio”, l’immagine quasi bipolare della sera: “<i>popolano l’aria luci insicure / e ci dissangua il loro vacillare</i>” ; “<i>Pero aprendemos de la tarde / y abiertos a la duda somos calma</i>”. E la subentrante pace di Luna ha un aspetto più che rassicurante (“<i>Vibra alegre la cuerda del silencio</i>”). La ricerca della parola che non violenti il silenzio è forse un passo impossibile (“<i>Y callarse sería lo mas sábio</i>”), perché bisogna essere umani o quantomeno sopportarlo perché “<i>hasta en el torpe abismo de la voz / brotan algunos tallos de verdad. / Aunque sea la verdad simple / de ser y equivocarse</i>.”. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg-g5f_K6sZlgVEGpS6IYw94HDWTqymxV2WSXQO_mXBY01OcO9x3T-MKoIJKpKIrVVyKR0G3Qf42zJ6TsDCnLXHxYNAT_NHlbzWGywPXKIcIEAiexETR5Rr2I2UZvz_6-VULatIahOqXs/s1600/finestre+su+nessuna+parte.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg-g5f_K6sZlgVEGpS6IYw94HDWTqymxV2WSXQO_mXBY01OcO9x3T-MKoIJKpKIrVVyKR0G3Qf42zJ6TsDCnLXHxYNAT_NHlbzWGywPXKIcIEAiexETR5Rr2I2UZvz_6-VULatIahOqXs/s320/finestre+su+nessuna+parte.jpg" width="231" /></a>La seconda sezione si apre con “Centro posible”, dove l’originalissima “Finestra” di Alós esce allo scoperto, come corpo, delicato confine tra istante e futuro (“<i>Cuerpo, centro de todos los posibles</i>”). Ecco che dare il nome alle cose significa vivere il proprio desiderio (“<i>Solo el deseo da nombre a las cosas</i>”). Un desiderio che, a tratti, non resiste a farsi corpo e a lasciarsi andare (“<i>La ventana está abierta y nadie va a cerrarla. / Un viento nos conduce a todas partes</i>.”). Il ritmo della carne è un vero salto verso il mondo, proprio sulle ali-guida del desiderio. Il dramma è dell’uomo che, lentamente, rinuncia a vivere, rassicurato da passi circolari di orbite esatte (“<i>No quiete sobresaltos, sino órbitas exactas, / sentimientos atados a una inercia</i>”), sceglie di farsi “rovina” oppure smette di sperare (“<i>Yo soy mi propio reino devastado</i>” “<i>y vivir es cansarse de esperar</i>”). Le mani dell’uomo sembrano troppo corte per raggiungere la vertigine di un sogno, le parole inadatte, le immagini sono di “stasi” senza progetto (“<i>pero nada acontece mientras tanto, / únicamente unas palomas / picotean en la barranda / los pedazos de tedio de la tarde: / los restos de tu vida sin proyecto</i>”). Il rischio che incombe è la solitudine (“<i>Nunca estuvimos solos como ahora. // La compañía es el calor de una esperanza, / tierra de una promesa que el tiempo inunda</i>”). </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La quarta sezione getta lo sguardo subito oltre la finestra, nel dubbio, nel nulla, anche se “<i>Mirando nadas se construye un hombre</i>”; affronta il pensiero della perdita. Dare luce alle cose sembra quasi bruciarle, in uno scontro perso in partenza tra finitezza e infinitezza (“<i>todo fue bordear la luz infinita</i>”; “<i>Tú has sido la luz en las horas, / la ardiente aguja en los objectos</i>” (…) “<i>Por fin en tu consumirte has sabido la llama. / A ti no será en vano la noche</i>”). È l’uomo che si confronta con la sua ultima esperienza, quel suo ultimo gradino della parola che si fa pietra (“<i>La eternidad es nuestra por un momento, / lo demás es el cansancio de las estatuas. // Un último escalón hace más alta la vida</i>”). Ed è qui che la “notte” dell’uomo acquista una splendida consapevolezza, quasi adeguandosi al ritmo ineluttabile del “panta rei”, nella naturalissima e suggestiva “Marchando”, dedicata a Guyeda y Alejandro:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Florece noche, fruto necesario.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Todo es marchar.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>¿Qué protesta en la luz</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>que cae con nuestro peso?</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Cayendo se prendieron nuestros ojos.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Todo es marchar.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Aquí la estela que devoras, noche.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Florece, yo seré raíz del tiempo.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
L’obiettivo, per Alós, è essere, per un solo istante, “<i>porción silenciosa del mundo</i>”, voce più lontana dalla voce. La quinta sezione è tutta, infine, nella sua “Coda abierta”, dove qualcuno ancora s’illude di mettere il proprio nome sul silenzio, come principio e come meta, come frutto inseguito ormai senza parole (“<i>Pero donde el final hay un principio. / Se fueron todas las palabras</i>”). Una firma come marchio e garanzia (“<i>Alguien debe firmar este silencio</i>”): non solo quella lucidissima di Javier Vicedo Alós, ma anche quella di un poeta-traduttore come Antonio Bux, che riesce, quasi mimetico, a sintonizzarsi sulle armonie e dis-armonie del testo, “tra-ducendo” senza tradire.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<i><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSZ_MEJiRuebZwTsqW0Ag5P8k_am0UQVzrE66wNouMCrTXDJ5wpWakzfRVqU745ALW25tN4t2X88KdOcEfqYCKaRBWg1_tA6jN-N9BTBrUsLqcPMX4o3tIVvhSidaeoyIm8moK9nmZ3RU/s1600/javier+vicedo+alos+2.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="172" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSZ_MEJiRuebZwTsqW0Ag5P8k_am0UQVzrE66wNouMCrTXDJ5wpWakzfRVqU745ALW25tN4t2X88KdOcEfqYCKaRBWg1_tA6jN-N9BTBrUsLqcPMX4o3tIVvhSidaeoyIm8moK9nmZ3RU/s320/javier+vicedo+alos+2.jpg" width="320" /></a></i> </div>
</div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-40111957305536538102015-02-16T02:44:00.000-08:002015-02-16T02:53:05.679-08:00FRAMMENTI PER UNA PIÙ MITE RIVOLUZIONE<br />
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"></div><div align="center" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: center;"><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">(Antonio Bux “23 – FRAGMENTOS DE ALGUIEN”)</span></span></div><div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><br />
</div><div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><div style="text-align: right;"><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">Eleonora Mozziconi</span></div><div style="text-align: right;"><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">Davide Toffoli</span></div><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
<em> </em></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOoYZ6WRDSCQE__PsGUJOqEiPyKpv1b1KG3f9q58joAwXytvO8xZXVKJCMj1cwKnnEwOIsSJsdLARly1E90Ll3USNOB_yKJMqh2wTY9C4tLi858caXXGTVaZV-N86uW7ptorj8QVRFGNc/s1600/image005.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOoYZ6WRDSCQE__PsGUJOqEiPyKpv1b1KG3f9q58joAwXytvO8xZXVKJCMj1cwKnnEwOIsSJsdLARly1E90Ll3USNOB_yKJMqh2wTY9C4tLi858caXXGTVaZV-N86uW7ptorj8QVRFGNc/s1600/image005.jpg" height="320" width="192" /></a></div><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><em>23 – Fragmentos de alguien</em> è una pubblicazione bilingue del 2014, della Colección Illuminaciones delle Ediciones Ruinas Circulares di Buenos Aires, dedicata ad uno dei più geniali poeti del secondo Novecento spagnolo, Leopoldo María Panero, spentosi nell’ospedale psichiatrico di Gran Canaria il 5 marzo del 2014, alle ore 23. In questa opera Bux ha scelto singolarmente di comporre i propri testi prima in Castigliano e di tradurli, solo successivamente, in Italiano. Un volume intenso e dilaniante già nella dedica: “(…) <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Como en el hundir azul de una piedra sobre el lecho marino, espero que se quede de estas poesías el estruendo, aquel agujero en el agua que no lleva hacia ninguna superficie, pero que rechaza en otro lugar la palabra, allí donde no se puede ahogar, pero tampoco remontar.”</i></span><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">. </span><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">Una sfida coraggiosa al gigantesco nulla, con sembianze spaventose da mostro, nella disarmante consapevolezza di essere a due passi dal cuore del labirinto. </span><br />
<span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
</span> <span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">Poesia come sfida, quindi, ma anche come enigma; si pensi alla citazione evocativa in apertura: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Y sabed que vuestro pecado os alcanzará</i>” (Números 32:23). Poesia come arte di affrontare il mistero e l’abisso, ma anche come esperienza, come “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Big Bang in miniatura</i>”<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>che ripropone sul foglio l’origine del mondo. Poesia come “occasione” e nutrimento del pensiero, come ci suggerisce finemente l’introduzione di Valerio Nardoni. Una lettura, per nulla facile, che si impone però con una serie di elementi che sembrano caratterizzarla e ci accompagnano in questa sfida all’abisso. Tra tutti, a nostro avviso, il più suggestivo e toccante è quello del “vetro”, contraddistinto da fragilità apparente e pericolosa trasparenza, capace di aprire scenari fisici e non solo mentali: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cuando el día quebrado rompe / su costado hacia el abismo / no quedan ya sombras cercanas, / quizá fragmentos de alguien, / perfiles hundiéndose en el humo / que sobrevive a lo infinito del vidrio.</i>”, oppure “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Si no dentro de ti / buscar otra imagen / de alguna forma / más allá del vidrio / y fundir el alma / con el vértigo de ser / dividido por un confín / – una huella de la nada – / así que todo sea todo / y los rostros algo menos.</i>”, e ancora “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Siempre hay un vidrio que, antes / del vidrio, ya es proyección futura. / Pero siempre también hay un vidrio / que es, después del vidrio, obstáculo lente / de un presente fragmento.</i>”. </span><br />
<span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
</span> <span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">All’apparenza legato a quello del “vetro”, anche l’intrigante tema dello “specchio” (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">El espejo de la t</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ierra / no es el hombre / sino su muerte / juntando dos invisibles / vacíos aproximativos.</i>”; oppure “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vivir la tierra con adelanto / significa expulsar cada llanto / hacia el cielo, tan sólo mirando / el espejo común con el ojo de adentro.</i>”, ma anche “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Leer como si este hilo / que une las palabras / fuera un espejo blando / que no refleja una imagen / sino la parte invisible,</i>” o “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Como cuando / para asomarse más allá del espejo, / se fija un punto preciso del vacío</i>”), che sembra già preludere a quell’unica fuga possibile che consiste nel guardarsi dentro (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Volviendo adentro / la única fuga / una habitación olvidada</i>.”) per arrivare a “partorire poesia” anche dalla morte.<br />
<span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
</span> <span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">Il gioco preferito è quello del “paradosso”, della apparente “contraddizione”, del “ribaltamento”, </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhijHIWmQ0xxSI-u2eon8TmxwAxb8sWgkzkWw_SUYcN57NMYIXLJusJ2u3Z1Oy-gbCaBHghqIYj-2civm1ETOQTRhI9cCccoCikGwSC7lRED8n9mqTvpgUcWtmrAYqmwaIbUKOsMEGvn8c/s1600/image003.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhijHIWmQ0xxSI-u2eon8TmxwAxb8sWgkzkWw_SUYcN57NMYIXLJusJ2u3Z1Oy-gbCaBHghqIYj-2civm1ETOQTRhI9cCccoCikGwSC7lRED8n9mqTvpgUcWtmrAYqmwaIbUKOsMEGvn8c/s1600/image003.jpg" height="240" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">sempre di indubbia efficacia e suggestione: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">escribir sobre un papel negro / con el dedo blanco de la muerte, / la palabra hundida, el último silencio.</i>”. Ci sono molti “frammenti” nella poesia di Bux, ma come per una scelta quasi programmatica (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tendría el hombre que pensar / en puntos, fragmentos de nada / frente al mundo, y no plantar / raíces de ocaso, hojas de azar / que trasmiten en el viento / el último aliento, su inútil mirar.</i>”) e la “parola” stessa sembra frammentarsi: in parola-pietra (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">mientras la palabra es una roca / sin fundamento, / y tú eres muro quemado / que brota como un incendio</i>”), in parola-rospo cui pare precluso il volo (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">tan sólo sabes la palabra / pero la palabra sólo es un sapo / el sapo escupido cada día / por tu boca sin salto;</i>”), in parola-laicamente sacra capace di trasformarsi in scrittura (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">El lápiz es una sombra / extendida de la mano / que dibujando calabra / rompe sus huesos, y ofrece / comida al pensamento / rascándole el alma, / como unas nueces partidas / en millones de fragmentos. / Escribir es la última cena, / el vino amargo echado / sobre la mesa blanca de la hoja.</i>”). </span><br />
<span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
</span> <span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">I versi tendono a descrivere, e lo fanno sempre in maniera<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>minuziosa, la “trasformazione”, il “deperimento”, la “mostrificazione” (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Saber Dios y ver / a este Jano bifronte / susurrando belleza / y amor y muerte / en la oreja invisible / de una verdad anterior; / así el hombre resurge / no ya como ser, sino monstruo / transparente en la espera / de mustiarse por la tierra</i>.”); ma, tra le tematiche più importanti, non si può dimenticare quella del “silenzio” che rappresenta sempre, a nostro dire, alcuni dei momenti più alti: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">cuando ya no de carne la lengua quema / – en el silencio de una tierra / estéril abisma – / como gusano en busca de la luz salvadora / transparente al aire de las cosas vanas,</i>”; oppure “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mientras el pez huidizo / de la palabra no remonta / el mar quieto, se descubre / en la apnea del silencio.</i>”; e ancora: </span><span style="font-family: Calibri;">“</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">Ciega el eterno esplendor, / muere en el torbellino del silencio / y cristalizada yace en el fondo, / en el recuerdo de un instante, / aquella poesía venida / a la luz desde la muerte.</span></i><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">”. </span></div><span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
</span> <span style="font-family: Arial; line-height: 115%; mso-bidi-font-weight: bold;">È un percorso narrativo assolutamente non lineare quello che ci accompagna, il più delle volte spiazzante (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Qué lindo es vivir / en un sótano. / Puedo soñar con el sol / penetrar por los ventanales</i>”), incisivo e schietto quasi ai limiti del dogmatismo (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sin embargo prefiero este infierno / al invierno de vuestras sonrisas.</i>”), in altri casi capace di costringerci quasi a ritroso (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Esta ciudad es una película quemada / por un director jubilado, / que rebobina lenta en el tiempo, / y donde mudos actores / recitan su precipitar / en el objetivo roto de la historia</i>.”; ma anche “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">la ciudad se vuelva de un color ochocientos / y de tu vaso lleno de ajenjo / remonte hacia Baudelaire o hacia Verlaine</i>”).</span><span style="font-family: Calibri;"> </span><br />
<span style="font-family: Arial; line-height: 115%;"><br />
</span> <br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfoDR7-vJqs_VHq12yCOq3SAqX1vby-NqnAxxZu-Ql-3kFiFKH8KOxFIvr1hZjzNvvHg1nKlz9MfDlUUQ3SzuK7y4-Jyj4d-0PA8n7Gk-98-vRCXelp9r49nebDgHMUM6Cf-lWDCZBkR0/s1600/image001.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfoDR7-vJqs_VHq12yCOq3SAqX1vby-NqnAxxZu-Ql-3kFiFKH8KOxFIvr1hZjzNvvHg1nKlz9MfDlUUQ3SzuK7y4-Jyj4d-0PA8n7Gk-98-vRCXelp9r49nebDgHMUM6Cf-lWDCZBkR0/s1600/image001.jpg" height="240" width="320" /></a></div><span style="font-family: Arial; line-height: 115%;">Evocative e simbiotiche, le liriche che chiamano esplicitamente in causa la scomparsa dell’ultimo dei “maledetti”, Leopoldo María Panero: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">he leído que el más grande poeta de la tierra / Leopoldo María de casi 66 años / en la incumbencia de convertirse en pleno / número de su señor ha decidido / dejar sus queridos bastardos vecinos / con un puñado de mosquitos en la mano caída.</span></i><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">”; versi tra i quali il poeta defunto si aggira come uno spettro irriverente (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">porque hoy las tinieblas les hacen ilusión a la tierra / mientras el fantasma Panero vaga riéndose / y meando por el mundo sus paredes distintas</i>.”); versi che deflagrano proprio dove sembra aprirsi la ferita (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Estoy llorando el fantasma / de un hombre demasiado sobrevivido / por haber estado nunca. / Esa lápida blanca / que usaste como hoja / ya te invoca y reclama</i>.”). Ci piace sottolineare un’interessante predisposizione di Bux all’incipit destabilizzante (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Hay un gigante tras la página, / un monstruo que crece con exceso / cuando cada pensamiento muere / apagando su línea sobre el punto</i>.”) che ha il potere di trascinarti “nel cuore della questione”. </span></span><br />
<span style="font-family: Arial; line-height: 115%;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
</span></span> <span style="font-family: Arial; line-height: 115%;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">E’ un universo multiforme quello che si incontra nelle pagine di “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">23 – Fragmentos de alguien</i>”, che oscilla tra semplice complicità (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">A veces pienso, y todavía estamos vivos: / nosotros que vivimos el mismo silencio, ahora;</i>”) e accenni dal sapore vagamente esoterico (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Del regazo de la pirámide / empieza el número / con abrir el calendario, / brotando el cromosoma / varón de vanadio yendo / abajo de un hilo al otro, / donde del biorritmo del sentido / se consigue la divina matemática / del hombre que, por contra, / no es uno, sino un doble / en la posesión trina de todo</i>,”). L’unica possibilità reale sembra quella di dimenticare: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Por lo tanto / olvidar es la palabra - la única / respuesta significativa - la hipótesis definitiva.</i>”. </span></span><br />
<span style="font-family: Arial; line-height: 115%;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;"><br />
</span></span> <span style="font-family: Arial; line-height: 115%;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">L’approdo del volume di Bux si riconosce e si scopre, infine, proprio nell’atto di solcare l’abisso, col consueto coraggio che ne contraddistingue il viaggio, in una sorta di ritorno all’origine, verso una più mite rivoluzione: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cuando un cuerpo surca / el abismo cambia / tendencia al origen, / una vez vuelto / como el río en su propia / nostalgia opuesta, / dónde ya no es / proximidad traicionada / el renacimiento, / sino sólo más quieta / revolución.</i>”.</span></span></div>El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-35038196790266836922014-11-27T02:08:00.001-08:002014-11-27T02:08:52.320-08:00“LIBRI, LIBRI!” IL GRIDO DI SPERANZA DI UNA BIBLIOTECA<div align="CENTER" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="CENTER" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;">(Federico
Garcia Lorca “LIBRI, LIBRI!”; discorso al paese di Fuente
Vaqueros)</span></div>
<div align="CENTER" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;"><br /></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<span style="font-family: Arial, serif;">Eleonora Mozziconi</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<span style="font-family: Arial, serif;">Davide Toffoli</span></div>
<div align="CENTER" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: x-small;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0FxpsNagxnu99kIRhSsdh9n7rkNi4hNkLdU90x4LWOgjMTqKSGDt0gcu0lmTNXMKy27BWCOF_fcOBPuv41_NxgJ2aE4z-KHEkMRAP1PAiiTobEcPNZ4dHvN7jKJGbpYWXKJlD6djWjdc/s1600/Libri+Libri.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0FxpsNagxnu99kIRhSsdh9n7rkNi4hNkLdU90x4LWOgjMTqKSGDt0gcu0lmTNXMKy27BWCOF_fcOBPuv41_NxgJ2aE4z-KHEkMRAP1PAiiTobEcPNZ4dHvN7jKJGbpYWXKJlD6djWjdc/s1600/Libri+Libri.png" height="320" width="221" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;"><i>Libri,
Libri!</i></span><span style="font-family: Arial, serif;"> è
una snella e interessantissima pubblicazione del 2014, curata e
tradotta da Lucilio Santoni per le Edizioni Estemporanee (Collana
Azulejos), impreziosito dalle simpatiche illustrazioni di Marina
Rivera: il </span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Discorso
al paese di Fuente Vaqueros, </i></span><span style="font-family: Arial, serif;">che
Federico García Lorca lesse a voce alta, davanti ai propri
concittadini, in occasione dell’inaugurazione della biblioteca
comunale del proprio paese natale, viene pubblicato già nel 1986 in
Spagna. Proviene dall’Archivio García Lorca e risale ai primissimi
giorni del settembre 1931: uno dei più importanti poeti e
drammaturghi spagnoli del Novecento, morto fucilato dai Franchisti
all’inizio della Guerra Civile a causa delle sue posizioni
apertamente repubblicane, regala un testo appassionato e
coinvolgente, che va ben oltre un semplice intervento di
rappresentanza e che si pone, prima di tutto, come grandissima
dichiarazione d’amore per un paese, per la terra andalusa, per le
persone che la abitano. Proprio a questi il poeta riconosce un innato
senso artistico, una propensione verso l’allegria, un gusto sottile
per la vita. Fuente Vaqueros aspira all’arte, all’amore, alla
bellezza e alla cultura, è abitata e vissuta da uomini ben lungi
dall’essere schiavi della morte. L’orgoglio del poeta è quello
di poter vivere da protagonista l’inaugurazione della prima
biblioteca in tutta la provincia di Granada, soprattutto perché “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>è
giusto che tutti gli uomini abbiano da mangiare, ma è altrettanto
giusto che tutti gli uomini abbiano accesso al sapere</i></span><span style="font-family: Arial, serif;">.
</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Che tutti
possano godere i frutti dello spirito umano, poiché il contrario
significa trasformarli in macchine a servizio dello stato, significa
trasformarli in schiavi di una terribile organizzazione sociale”. </i></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiEP6b_0UnePlwx_bzd_mlh9ulSBgIIjGyQS9jGuDCXxyEKOGp-at8MoEjOXl187x2jt8IcPK3s_vT3QbyMvHTeafE4mZGv9UTQ7VbCelFprd8K73r-lfFJC9o7_ZG2Spbexyw5Hacd4A/s1600/Lorca.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiEP6b_0UnePlwx_bzd_mlh9ulSBgIIjGyQS9jGuDCXxyEKOGp-at8MoEjOXl187x2jt8IcPK3s_vT3QbyMvHTeafE4mZGv9UTQ7VbCelFprd8K73r-lfFJC9o7_ZG2Spbexyw5Hacd4A/s1600/Lorca.jpg" height="320" width="224" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;">I
libri,</span><span style="font-family: Arial, serif;"> nello
sguardo lucido e puntuale di García Lorca, sono “Testi sacri” per
eccellenza, cuore pulsante delle religioni, anima e spunto per le
rivoluzioni, metronomi della storia. Scrive Lucilio Santoni nella sua
Postfazione: “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Ogni
parola trasuda amore per la cultura e per i libri che ne
costituiscono l’anima più profonda. Una fiducia totale verso un
umanesimo dello spirito</i></span><span style="font-family: Arial, serif;">”.
Il poeta regala un excursus colto e lungimirante, che chiama volta
per volta in causa personaggi come Gutemberg, Lenin, Alberto Magno, i
monaci medievali, il greco Esiodo, sempre per sottolineare come
l’invenzione della stampa abbia avuto “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>effetti
ben più rivoluzionari di altri grandi fatti accaduti nella stessa
epoca, come l’invenzione della polvere da sparo e la scoperta
dell’America</i></span><span style="font-family: Arial, serif;">”.
Una rivoluzione lenta e inesorabile: “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Gli
antichi monasteri salvarono l’umanità. Tutta la cultura e il
sapere si rifugiarono nei chiostri, dove alcuni uomini di estrema
saggezza e semplicità, senza alcun fanatismo né intolleranza,
custodirono e studiarono le grandi opere imprescindibili per
l’umanità</i></span><span style="font-family: Arial, serif;">”. </span><span style="font-family: Arial, serif;">Contro i libri, nell’analisi del poeta, non valgono persecuzioni.
Non possono nulla né gli eserciti, né l’oro, né tantomeno le
fiamme: “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Voi
potete far sparire un’opera, ma non potete tagliare la testa a
tutti coloro che se ne sono nutriti!</i></span><span style="font-family: Arial, serif;">”. I libri sono forse i più potenti operatori sociali, diffondono
idee, le rendono accessibili a molti, si propongono come preziosa
scintilla. Soprattutto chi non ha mezzi è importante che si nutra di
libri, perché il sapere e la curiosità sono contagiosi. Se andiamo
a mettere a confronto il </span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Cantico
spirituale</i></span><span style="font-family: Arial, serif;"> di San Juan De La Cruz, i libri di Tolstoj, </span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>La
città di Dio</i></span><span style="font-family: Arial, serif;"> di Sant’Agostino, lo </span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Zarathustra</i></span><span style="font-family: Arial, serif;"> di Nietzsche, </span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Il
Capitale</i></span><span style="font-family: Arial, serif;"> di Marx, non possiamo non condividere l’asserto di García Lorca, il
quale sostiene che tutte queste opere concordano in un punto: l’amore
per l’umanità e l’innalzamento dello spirito. Esse si confondono
e si abbracciano in un ideale supremo. Nell’epoca del dissolvimento
delle classi sociali, secondo il poeta, sono necessari spirito di
sacrificio e abnegazione da parte di tutti, per sostenere l’unica
vera salvezza dei popoli, rappresentata appunto dalla cultura. </span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;">Il
testo, a leggerlo bene, nelle sue 30 pagine scarse risulta intriso di
poesia, sospeso quasi incoscientemente tra speranza ed utopia, ed è
capace di regalare passaggi delicatissimi ed interamente proiettati
verso il futuro: “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Sono
sicuro che Fuente Vaqueros, paese che ha sempre posseduto una vivace
immaginazione e un’anima pura e allegra come l’acqua che sgorga
dalla sua fonte, si gioverà molto di questa biblioteca, la quale
porterà nella coscienza di tutti nuovi aneliti e gusto per la
conoscenza”. </i></span><span style="font-family: Arial, serif;">La
chiusa, infine, non è che l’ennesima dichiarazione d’amore
rivolta ad una terra che ha, in maniera consapevole, scelto di
investire su una direzione precisa, quella della crescita culturale e
della conquista sociale e le parole di García Lorca, ancora una
volta, suonano come il più bello degli auguri: “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>Che
la biblioteca, in questo bellissimo paese dove ho avuto l’onore di
nascere, serva a far regnare la pace, l’inquietudine spirituale e
l’allegria. E non dimenticate il sottile proverbio scritto da un
critico francese del diciannovesimo secolo: dimmi cosa leggi e ti
dirò chi sei”. </i></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;">Qualcuno
sostiene che chi vive con l’utopia nel cuore è un bambino che non
vuole crescere, mentre invece bisogna diventare adulti, fare affari,
credere fermamente in una crescita infinita in un pianeta finito e
soprattutto, per dirla con le mirate parole del curatore, “</span><span style="font-family: Arial, serif;"><i>riempire
il vuoto dell’esistenza con lo sfavillìo della merce accumulata a
dismisura</i></span><span style="font-family: Arial, serif;">”.
Tra l’utopia della cultura e quella della merce e del mercato a noi
piace credere fermamente nella prima, come l’intramontabile
Federico García Lorca.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: x-small;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhlCKmUPrOkGnUSfEMcs1HM8-PMQl_SNJF5fH5huOICeOokN6XMbVUp20RyDLuGfd8Fiffb8R0WlSpm-oGfGq4dns_7EPXUeMk9PA2QvsfQPDXy8PfHeNcjcSeRHldap9DBSBPui_GwpU/s1600/casa+spagna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhlCKmUPrOkGnUSfEMcs1HM8-PMQl_SNJF5fH5huOICeOokN6XMbVUp20RyDLuGfd8Fiffb8R0WlSpm-oGfGq4dns_7EPXUeMk9PA2QvsfQPDXy8PfHeNcjcSeRHldap9DBSBPui_GwpU/s1600/casa+spagna.jpg" height="239" width="320" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: x-small;"><br /></span></span></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-62686467977782634992014-10-17T01:16:00.000-07:002014-10-17T01:21:36.921-07:00L'America Latina a Terra Madre - Salone del Gusto 2014<br />
<br />
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">Nell’ambito dell’edizione 2014 del salone del Gusto e di
Terra Madre, che si svolgerà a Torino dal 23 al 27 ottobre, i paesi
Latino-Americano presenti in rassegna veicolano ideali di sviluppo
eco-sostenibile e di valorizzazione del patrimonio culturale. A partire dalle
caratteristiche della tradizione enogastronomica, il pubblico della
manifestazione Terra Madre potrà imparare ad apprezzare gli aspetti comunitari
legati al lavoro dell’uomo e alla salvaguardia della civiltà del mondo
contadino. Gran parte dei Paesi di lingua e cultura latina e neo-latina,
rappresentanti di quello che oggi definiamo “Sud del Mondo”, esprimono nelle
loro culture le caratteristiche di conservazione, condivisione e trasmissione attraverso
le generazioni di ideali legati ad un’alternativa sostenibile al progresso
occidentale. </span></div>
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">Le radici antropologiche, religiose e sociali sono alla base
delle connotazioni paesaggistiche e di costume.</span><br />
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">I partecipanti a Terra Madre potranno
individuare percorsi e traiettorie attraverso i prodotti più tipici o più
curiosi di questi territori: temi sui quali le comunità latinoamericane saranno
in grado di apportare il loro fondamentale contributo – ad esempio, parlando di Ogm,
di semi
e di<span style="text-decoration: none; text-underline: none;"> agricoltura familiare</span>.</span><br />
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">L<strong><span style="font-weight: normal;">e Americhe</span></strong> saranno
protagoniste indiscusse nel campo del cacao: un laboratorio del Gusto vi porterà
là dove tutto ebbe inizio e dove – in Ecuador, Perù e Trinidad e Tobago – sta
esplodendo il fenomeno dei produttori locali di cioccolato. La grande ricchezza
dei cacao latino americani potrà essere sperimentata anche andando a conoscere
i produttori dei Presìdi o assaggiando la cioccolata calda che Guido Gobino
realizzerà a partire dal <strong><span style="font-weight: normal; text-decoration: none; text-underline: none;">Presidio</span></strong><span style="text-decoration: none; text-underline: none;"> </span><span style="text-decoration: none; text-underline: none;">messicano del cacao della Chontalpa</span>.</span><br />
<span style="color: black;"><span style="background-color: #f3f3f3;">Altra coltura tipica di questi paesi
è il caffè, cui sarà dedicato un<span style="text-decoration: none; text-underline: none;"> </span><span style="text-decoration: none; text-underline: none;">laboratorio </span>che metterà a confronto le
produzioni delle regioni montuose del Centroamerica con le pregiate robuste dei
Presìdi africani. Ma di chicchi di caffè sarà disseminato tutto l’evento con
incontri e un’area apposita nello stand della <strong><span style="font-weight: normal;">Fondazione Slow Food per la Biodiversità</span></strong> dove si potranno apprezzare i caffè
dei diversi <strong><span style="font-weight: normal;">Presìdi.</span></strong></span></span><br />
<span style="color: black;"><span style="background-color: #f3f3f3;"><strong><span style="font-weight: normal;">L’America Latin</span></strong>a sa esprimersi alla grande anche sul
fronte delle bevande alcoliche. Ecco allora un laboratorio dedicato alla <span style="text-decoration: none; text-underline: none;">cachaça
brasiliana </span>e altri due
laboratori, rispettivamente sul <span style="text-decoration: none; text-underline: none;">mezcal </span> e sulla<span style="text-decoration: none; text-underline: none;"> </span><span style="text-decoration: none; text-underline: none;">tequila </span>messicani. Per non parlare
dei mieli, che dal Messico, dal Brasile e dall’Argentina ci racconteranno delle
varietà floreali presenti in questo sterminato continente e delle razze di api
native senza pungiglione.</span></span><br />
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">Un laboratorio interessante ci
introdurrà alla scoperta di cibi che per qualcuno possono rappresentare
un’assoluta novità, ovvero</span><a href="http://eventistore.slowfood.it/saloneterramadre/2014/eventi/ita/SL68/insetti.html"><span style="color: black;"><span style="background-color: #f3f3f3;"><span style="text-decoration: none; text-underline: none;"> </span><span style="text-decoration: none; text-underline: none;">gli insetti</span></span></span></a><span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">, ma che nei
deserti del Messico centrale, così come altrove nel mondo, sono invece alimenti
tradizionali con le loro proprie ricette e tecniche di cottura.</span><br />
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">L’elenco potrebbe andare avanti a
lungo, e soffermarsi sulle diverse varietà di peperoncino, sulle birre
argentine e brasiliane realizzate coi prodotti dell’Arca del Gusto dal Gran
Chaco e dalla Mata Atlantica, sulla panela organica dalla Colombia, sulle alghe
cilene che saranno impiegate nella cucina di Terra Madre, sui nuovi Presìdi,
come il primo colombiano, dedicato a un granchio nero che periodicamente invade
le strade dell’isola di Providencia e che riveste un notevole interesse
gastronomico…</span><br />
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">Avremo le guide giuste per scoprirla,
tutta questa <strong><span style="font-weight: normal;">biodiversità</span></strong>. Oltre ai produttori
delle comunità e dei Presìdi saranno protagonisti coloro che più di tutti hanno
contribuito al rilancio della gastronomia latinoamericana: cuochi come <span style="text-decoration: none; text-underline: none;">Regina
Tchelly</span>, <span style="text-decoration: none; text-underline: none;">Andres Ugaz</span>, <span style="text-decoration: none; text-underline: none;">Muñoz Zurita </span>e altri ancora, provenienti
dai paesi ospiti nello spazio della cucina di Terra Madre ci faranno
sperimentare le loro specialità.</span><br />
<div style="text-align: right;">
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;"></span><br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;"> </span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">Davide Agnello</span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">Redazione Quaderni Ibero Americani</span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<a href="http://www.quaderniberoamericani.org/"><span style="background-color: #f3f3f3; color: black;">http://www.quaderniberoamericani.org/</span></a><br />
<a href="mailto:culturamateriale1@libero.it">culturamateriale1@libero.it</a><br />
<br /><br />
<br /></div>
<br />El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-38425351397909301212014-10-12T01:24:00.001-07:002014-10-12T01:24:41.033-07:00MiltonLe donne, pettegole, parlano male:<br />
Di mariti, suocere o nuore<br />
Discutono esperte.<br />
Qui, sul lungomare,<br />
Di puro non c'è più nessuno - stai certo -<br />
Tranne me, Milton - barboncino dinamico -<br />
Che di signora al guinzaglio scodinzolo,<br />
Piccolo e solo, di dar sfogo smanioso<br />
Al mio cuore al fisiologico soffio.<br />
<br /><br />
Ivan FassioEl Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-77314050353273715552014-10-03T07:51:00.003-07:002014-10-03T07:58:55.254-07:00Domenico Cacopardo. Il Delitto dell'Immacolata<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: 13pt;">di Ivan Fassio</span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: 13pt;"><br /></span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: 13pt;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqTMHafdWZcOWCDL85ecIfULJCFRA1U5QbelX5wOudVGCXvyGd7yFgt4od_Ht7KznaEU0bJs6VkSjvX3B9PEk754buwbql3aMMaulCmDOJ8OhJkLfHeRAr3ALyu1pnYRBGHW3leF_6ZsM/s1600/cacopardo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqTMHafdWZcOWCDL85ecIfULJCFRA1U5QbelX5wOudVGCXvyGd7yFgt4od_Ht7KznaEU0bJs6VkSjvX3B9PEk754buwbql3aMMaulCmDOJ8OhJkLfHeRAr3ALyu1pnYRBGHW3leF_6ZsM/s1600/cacopardo.jpg" /></a></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="background-color: #444444; color: white;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: 13pt;"><i>Il
Delitto dell'Immacolata</i> di Domenico Cacopardo è ambientato nelle
terre di origine del padre dell'autore, tra Messina e Letojanni, nel
1977. Il racconto, narrato in prima persona del protagonista Filippo
Solimèni fino ad un inaspettato colpo di scena finale in uno degli
ultimi capitoli, si articola su uno sfondo di rappresentazione
socio-culturale della Sicilia Anni Sessanta. Sono tanti i riferimenti
alla tradizione familiare e gastronomica e alla dialettica tra
emancipazione femminile e retaggi della cultura cattolica e
dell'ipocrisia provinciale. Proprio in questo senso, l'ambientazione
del romanzo è organizzata in modo sentito, con divertite allusioni
alla realtà storica. </span></span>
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="background-color: #444444; color: white; font-size: 13pt;">All'inizio
dei fatti, il personaggio principale – Filippo, detto Lollo - è
uno studente di giurisprudenza al secondo anno di Università. </span></span><br />
<span style="background-color: #444444; color: white;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: 13pt;">Lollo viene condotto in caserma all'alba del 4 marzo 1977 e
interrogato sulla morte di Immacolata Pianuzza in Barbalonga Chirò,
la vicina di casa assassinata nella tarda serata dell'8 dicembre
1976, festa dell'Immacolata Concezione. La donna era stata la sua
prima amante. </span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif; font-size: 13pt;">Ascoltata
la deposizione del giovane, la dottoressa Adele Piraino Limongi,
sostituto procuratore, lo arresta e lo rinchiude in carcere. Fabrizio
Prisicianotto, penalista di Messina, viene incaricato della difesa e
la delega in gran parte al giovane praticante Italo Agrò, suo
sostituto e cugino dell'indagato. Qualche tempo dopo, l'imputato
viene considerato estraneo al delitto e rilasciato. La sua situazione
si complica a causa dell'omicidio di un'altra ragazza, possibile
testimone del primo omicidio e seconda amante di Lollo. Anche questa
volta, i Carabinieri arrestano il protagonista, ma sono costretti a
rimetterlo in libertà per una testimonianza. Il romanzo si chiude
con lo svelamento della reale colpa del protagonista, con le ragioni
reali della scrittura del romanzo in un flashback rivelatore e con la
scomoda presa di coscienza dell'inevitabile iterazione del delitto.
Il detto Argentino riportato in calce sul finale “Herba mala nunca
muere” conclude con una punta di amarezza una narrazione veloce,
che coinvolge empaticamente il lettore nelle vicende del
protagonista. Divagazioni in chiave erotica, scanzonate descrizioni
di tic individuali e sociali arricchiscono con ironia il dettato
scorrevole della scrittura di Domenico Cacopardo.</span></span></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-69589492377559543582014-10-03T02:54:00.000-07:002014-10-03T02:58:25.670-07:00Le Poesie di Giacomo Romagnolo. VI Concorso Internazionale "Città di Aqui Terme"<div style="text-align: right;">
di Ivan Fassio</div>
<br />
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<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6W_3kj9WywwfwXzrIZr4kBJPGvuQxmqxqJ1CCv6JIs4UM4AOO9FFZ6qrs5zQtSr1RtbtIwXkm4wW876nT79Q88ggs_3us42UF5H3B5Oa7mvvP54Bpf6bc85ytqsMrIr3ZpZA3Ss-wXuk/s1600/Archicultura.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6W_3kj9WywwfwXzrIZr4kBJPGvuQxmqxqJ1CCv6JIs4UM4AOO9FFZ6qrs5zQtSr1RtbtIwXkm4wW876nT79Q88ggs_3us42UF5H3B5Oa7mvvP54Bpf6bc85ytqsMrIr3ZpZA3Ss-wXuk/s1600/Archicultura.jpg" height="200" width="195" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Archicultura</td></tr>
</tbody></table>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
Dove nasce la poesia? Quando è avvertita come necessaria, in
giovane età, l’ispirazione prende le mosse da circostanze emotivamente toccanti.
Certo, potremmo fantasticare suggestivamente su quanto il Romanticismo abbia
attinto dalle radici infantili del poetare. È chiaro, tuttavia, che i primi
esperimenti attecchiscono su un terreno scosso sentimentalmente. E allora sono
le situazioni archetipiche a farci riflettere su sensazioni e pensieri: una
giornata di pioggia, lo stelo inclinato di un fiore, il misterioso viaggio in
lande sconosciute, lo scorrere lento di un fiume…</div>
<br />
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
Proprio attraverso la trattazione di queste tematiche, Giacomo
Romagnolo, studente tredicenne, è stato il vincitore selezionato al VI concorso Internazionale di
Poesia “Città di Acqui Terme". La natura si riflette nei suoi versi, ricercata
istintivamente e descritta semplicemente, come materia davvero condivisa. Il
giovane autore è sicuro nella comunicazione delle proprie esperienze, per l’urgenza
spiazzante della scoperta e per la prima consapevolezza di una percezione. È
questa, in fondo, la base dell’estetica e della poesia: la primordiale, candida
coscienza dei sensi…<br />
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<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<strong>La Pioggia</strong></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<em>di Giacomo Romagnolo</em></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
Sento la pioggia cadere</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
sul mio viso,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
è un suono lento, dolce, ritmico.</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
Vedo la pioggia</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
cadere dal cielo,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
è un'immagine delicata.</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
Mi perdo nel suono della pioggia mentre osservo</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
la sua cadenza.</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
Vorrei essere una goccia, posarmi su di un fiore,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
cancellare tutto ciò che è triste</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
e creare un mondo migliore</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
un mondo di pioggia colorata.<br />
<br /><br />
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<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<strong>Il Lungo Viaggio di Nonno Carlo</strong></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<em>di Giacomo Romagnolo</em></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
<em><br /></em></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
Te ne sei andato in un giorno d'estate,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
un giorno in cui splendeva il sole,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
un giorno in cui avevo gli occhi</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
incantati ad ammirare un luogo bellissimo.</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
Ho guardato il cielo e ti ho pensato,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
ho guardato il fiume</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
che scorreva tranquillo</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
e gli ho affidato un pensiero,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
il mio pensiero,</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
il mio saluto, </div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
per accompagnarti</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
verso il tuo lungo viaggio.</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<em><br /></em></div>
<div align="left" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<em><br /></em></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<em><br /></em></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<em><br /></em></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
<em><br /></em></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: center;">
</div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: right;">
</div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-40005505473464701752014-09-23T05:06:00.000-07:002014-09-23T05:07:53.206-07:00Jordi Virallonga. Fa triste<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgagMeU15V_ML4fGLZV7GBpH97nVpTZXYtyoOl5K39DcZFkeyrWBbewJWqsDKbShwxRFLdrUaO6ahiKvQZzvGtNpIYkz-mT9VstiBneQpojg-NWNlBcDQ_86dyEzqCicWINhz3vOPwyacs/s1600/Jordi+Virallonga,+Fa+triste,+sentieri+meridiani+edizioni.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgagMeU15V_ML4fGLZV7GBpH97nVpTZXYtyoOl5K39DcZFkeyrWBbewJWqsDKbShwxRFLdrUaO6ahiKvQZzvGtNpIYkz-mT9VstiBneQpojg-NWNlBcDQ_86dyEzqCicWINhz3vOPwyacs/s1600/Jordi+Virallonga,+Fa+triste,+sentieri+meridiani+edizioni.jpg" height="320" width="230" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Jordi Virallonga, Fa triste</td></tr>
</tbody></table>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
di Ivan Fassio</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
“Le città esistono dovunque”
scrive Jordi Virallonga in una poesia, “Grammatica”, che potremmo
definire “pro-grammatica” all'interno della raccolta “Fa
Triste”, recentemente pubblicata da Sentieri Meridiani Edizioni
nella traduzione di Emilio Coco.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Le città, come prodotto conclusivo di
un processo di presa di coscienza sociale, rappresentano il punto di
partenza di una realtà fondata sullo scambio. Tale scambio,
analizzato nelle strutture capitalistiche che regolano il mondo
occidentale contemporaneo, non è equo. Da qui, la condizione
“spaesata” dell'intellettuale, in bilico tra attaccamento e
recupero della tradizione e critica ai valori della modernità.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Virallonga sceglie – analiticamente –
di lavorare sulle strutture. Lo fa attingendo, problematicamente, dal
dibattito novecentesco su urbanistica, paesaggio e architettura. Ogni
poeta vive la geografia del mondo che lo circonda accompagnato da una
scissione esistenziale: la distanza tra la razionalità dello
studioso e l'incompatibilità spirituale con i meccanismi sociali.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Citando un altro titolo all'interno
della raccolta, “Mimesi dell'Architetto”, potremmo parlare di
divario tra progettualità dettata da esigenze economiche di
praticità e convivenza e constatazione delle reali necessità
esistenziali dell'uomo.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La casa, la città, l'insieme delle
relazioni, ogni cosmo e ogni microcosmo conservano l'intelaiatura del
rapporto di convenienza tra le parti, ma rivelano l'arbitrarietà
delle consuetudini. Sono “fatti che si spiegano con un'equazione
matematica” che, tuttavia, esprimono in superficie tutto il disagio
della civiltà contemporanea. Che cosa fa, dunque, il poeta? Si
dispera, ma di una disperazione cauta. Si rattrista in coscienza,
saldo e consapevole di creare – post-modernisticamente
- lamentazioni, critiche, invettive. Sa che dovrebbe “sperare che
l'abitudine funzioni”. Praticando il corpo di quest'abitudine, la
seziona anatomicamente, come se si trattasse di un'autopsia
necessaria a chiarire le cause di n decesso. Così, in”Anatomia
della Speranza”, il “dolore perverte qualcosa di questo piacere
di civile uguaglianza”. Il desiderio rende l'uomo disposto a tutto,
in una maniacale volontà di “potere”: possibile scavalcamento di
ogni regola di convivenza con il prossimo...</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
“La morte non è la morte, è un
morto”: in questa sala settaria, l'unico concetto che il chirurgo
nn riesce a situare in una struttura di pensiero è la morte, che
resta saldamente radicata nell'identità di ognuno. “L'uomo resiste
nella polvere”, infatti.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
“Fa sole e fa noia” e, di
conseguenza, “presto verranno le vacanze”: misero e gretto
sollievo, spartiacque tra impegni lavorativi e progettualità
familiare e sentimentale. Fa triste pensarci, ma è così. Tutto il
consueto gioco di ruolo, che il poeta, lo scrittore e il filosofo
maledicono, perdendo le staffe di fronte all'inevitabile
impossibilità d'azione...</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-89861190382261491392014-09-09T05:13:00.000-07:002014-09-23T05:07:16.809-07:00Federico García Lorca. Sonetti dell’amore oscuro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifwT6kAPqVFv-5LPSVpMzVeV_VN1v6tX56Cyb1XTTFcCldcqrzfPM2iZNNP7wruDUmg3z2CF2qNonILDF_lC2MGqCOkDwvm6FoEBxb8uQ32jQvL6UCz0UQwVivCk6uTOBkWgZLYjcdXu4/s1600/federico-garcia-lorca_h_partb.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifwT6kAPqVFv-5LPSVpMzVeV_VN1v6tX56Cyb1XTTFcCldcqrzfPM2iZNNP7wruDUmg3z2CF2qNonILDF_lC2MGqCOkDwvm6FoEBxb8uQ32jQvL6UCz0UQwVivCk6uTOBkWgZLYjcdXu4/s1600/federico-garcia-lorca_h_partb.jpg" height="191" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
<div style="text-align: right;">
<span style="background-color: black;"><span style="text-align: justify;">di Ivan Fassio</span></span></div>
<span style="background-color: black;"><span style="text-align: justify;"><br /></span></span>
<span style="background-color: black;"><span style="text-align: justify;">Passigli
Editori continua la sua proposta, in nuove traduzioni, delle opere di</span><span class="apple-converted-space" style="text-align: justify;"> </span><strong style="text-align: justify;"><span style="border: 1pt none windowtext; font-weight: normal; padding: 0cm;">Federico García Lorca</span></strong><span style="text-align: justify;">.
Dopo la fortunata antologia delle</span><span class="apple-converted-space" style="text-align: justify;"> </span><strong style="text-align: justify;"><i><span style="border: 1pt none windowtext; font-weight: normal; padding: 0cm;">Poesie
d’amore</span></i></strong><span style="text-align: justify;">, giunta già alla quinta edizione, non poteva
mancare il fondamentale</span><span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;">poetico
rappresentato dai</span><span class="apple-converted-space" style="text-align: justify;"> </span><strong style="text-align: justify;"><i><span style="border: 1pt none windowtext; font-weight: normal; padding: 0cm;">Sonetti dell’amore oscuro</span></i></strong><span style="text-align: justify;">.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: black; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Scritti tra il 1935 e il 1936, anno in cui il
poeta fu assassinato, questi testi sono rimasti inediti, anche a causa della
loro tematica omosessuale, fino al 1983, quando furono pubblicati
clandestinamente. L’oscurità a cui rimanda il titolo, così facilmente
assimilabile all’amore diverso, rimanda in realtà a una sofferenza affettiva
che García Lorca interpreta in modo mirabile attraverso un linguaggio ardito e
imprevedibile. Agli undici sonetti dell’amore oscuro si uniscono in questa
edizione anche i restanti dodici sonetti che Lorca ha scritto nell’arco della
sua vita, inseriti al termine del libro nella sezione <i>Otros sonetos</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-color: black; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial;">Valerio
Nardoni, traduttore e curatore del volume, fa riferimento all’esaustiva
semantizzazione del termine “oscuro” operata da Oreste Macrì - a cui la
pubblicazione è idealmente dedicata nell’anno del centenario della nascita.
L’ispanista, nel saggio “Origini e Continuità dell’Amor Oscuro” (Sud-Puglia,
n.2, giugno 1988), ripercorreva le ascendenze ritmiche e lessicali dei sonetti,
in modo da giungere ad una definizione dell’effettivo carico
simbolico-esistenziale dell’opera. Federico García Lorca attinge in profondità
alla tradizione lirica del suo paese: dal sonetto in alessandrini, alla maniera
modernista di Rubén Darío, passando dalla purificazione linguistica dei <i>Sonetos
espirituales</i> di Juan Ramon Jiménez e risalendo alla fonte cinquecentesca della
<i>Noche oscura</i> di San Juan de la Cruz. Il poeta cita esplicitamente il fondatore
dei Carmelitani Scalzi nel sonetto <i>La mujer lejana</i> (“Mi cuerpo es como un ánfora
hecha de noche oscura”) e nel <i>Soneto de la carta</i> (“Llena, pues, de palabras mi
locura / o déjame vivir en mi serena / noche del alma para siempre oscura”). In
questo senso, lo stesso Valerio Nardoni definisce il concetto di oscurità come
la realtà che sta nel fondo della “nostra foresta inestricabile” (Mario Luzi),
in cui nessuna ragione possa addentrarsi per sollevare l’individuo dal
tormento.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="background-color: black;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="background-color: black;">Federico García Lorca</span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="background-color: black;">Sonetti dell’amore oscuro</span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="background-color: black;">Poesia</span></div>
<div class="meta" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<strong><span style="background-color: black; border: 1pt none windowtext; font-weight: normal; padding: 0cm;">traduzione di Valerio
Nardoni</span></strong></div>
<div class="meta" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="background-color: black;">Anno :<strong><span style="border: none windowtext 1.0pt; font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">2013</span></strong></span></div>
<div class="meta" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="background-color: black;">Pagine :<strong><span style="border: none windowtext 1.0pt; font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">64</span></strong></span></div>
<div class="meta" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="background-color: black;">Prezzo :<strong><span style="border: none windowtext 1.0pt; font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">9,00€</span></strong></span></div>
<div class="meta" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="background-color: black;">ISBN :<strong><span style="border: none windowtext 1.0pt; font-weight: normal; mso-bidi-font-weight: bold; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">9788836814046<o:p></o:p></span></strong></span></div>
<div class="meta" style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; mso-line-height-alt: 9.0pt; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="border: 1pt none windowtext; padding: 0cm;">http://www.passiglieditori.it/</span></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-4156051832403289022014-07-11T03:13:00.000-07:002014-07-12T01:38:23.647-07:00Oltre l'abitudine alla bellezza<div align="center">
<b>OLTRE L’ABITUDINE ALLA BELLEZZA</b>: <br />
"Invisibili come Sassi" di Davide Toffoli</div>
<br />
<div align="right">
Giovanni Bonacci</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDb9EEcIZElw6JsI3klMQ-TQ2MWTgr_iuw63MqO3CqPxR0FRJLlCWjgOgcNq9AXKyZKcSvW51BtAgivy6_MrwQ7Ip7xa-RQSjkQvLZqWt2F5vaGeH79bWs1yST_kckLtpdrN7MU0bPRRE/s1600/copertina-Invisibili+come+Sassi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDb9EEcIZElw6JsI3klMQ-TQ2MWTgr_iuw63MqO3CqPxR0FRJLlCWjgOgcNq9AXKyZKcSvW51BtAgivy6_MrwQ7Ip7xa-RQSjkQvLZqWt2F5vaGeH79bWs1yST_kckLtpdrN7MU0bPRRE/s1600/copertina-Invisibili+come+Sassi.jpg" height="320" width="246" /></a>Fra i tanti doni dell’età matura l’acquisizione di una prospettiva è forse il più pregiato. Giorno dopo giorno va infatti sbiadendo il senso di unicità che accompagna il nostro incontro con le cose; queste – anche quando sono nuove – sempre di meno appaiono del tutto sconosciute, rivelano piuttosto un dettaglio, anche minimo, che ci riporta ad un’esperienza passata: riconosciamo in questa risata il suono d’una risata altrui, nell’entusiasmo di questo incontro l’aroma d’un entusiasmi passati, nel tramonto che ci emoziona stasera il tramonto che ci emozionò anni fa. Ci scopriamo affetti da una malattia che mai avremmo paventato, la potemmo chiamare, con garbo, “<i>abitudine alla bellezza</i>”.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se prima vibravamo per ogni scoperta, ora, inaspettatamente, ci troviamo a dover difendere la nostra capacità di suggestionarci, di farci cogliere alla sprovvista : dobbiamo allenarci all’essere impreparati per evitare che questa “<i>abitudine</i>” divenga pian piano “<i>torpore</i>”. Non è facile indicare uno strumento utile ad affrontare questa sfida, segnalo però quello che mi ha suggerito una bella lettura di qualche tempo fa: la presa di posizione. La lettura in questione, opera di Davide Toffoli, è una raccolta di poesie ed ha per titolo <i>“Invisibili come Sassi”</i>. Prendere posizione non significa, in questa sede, accostarsi ad un’opinione che ci rassicura più di altre o sostenere energicamente un’idea contro tutto e tutti. Significa semplicemente eleggere degli elementi che ci aiutino a interpretare le cose, individuare una lente che sentiamo essere valida e cercare di ri-leggere, attraverso di essa, ciò che ci circonda. La lente è, nel libro in questione, il rapporto con un luogo e, in seconda battuta, un mito che quel luogo ha abitato prima che noi vi entrassimo in contatto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Molte delle composizioni più recenti – scelte tuttavia come apertura della raccolta – hanno per sfondo località poste a sud-est di Roma, in un arco che va dai parchi cittadini lungo la via Appia ai colli che la stessa Appia raggiunge: sono luoghi pieni di storia, segnati da ruderi o toponimi di origine romana. Ed è proprio questo sfondo a costituire la presa di posizione dell’autore. I versi non desiderano solo esprimere un’emozione privata, ma vogliono “sfidare” quest’emozione mettendola in contatto con la storia del posto per vedere se da questo incontro si apre una prospettiva inattesa, sorge, magari, una domanda.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Personalmente trovo che il fascino di queste poesie risieda nella coscienza della propria distrazione, in una lotta contro l’abitudine del pensiero che ha per nostro primo alleato il luogo in sé ed una forte volontà di scoprirlo. A volte ci si accorge d’essere stati sconfitti (dormivamo mentre qualcosa di meraviglioso accadeva), a volte i nostri occhi sono rimasti bene aperti e la suggestione d’un’immagine ha risvegliato la nostra coscienza. L’esito di questa battaglia è sovente contenuto nei versi finali. Leggiamo a tal proposito le strofe conclusive di due poesie della prima sezione “<i>Nel lago</i>” e “<i>All’ombra del sambuco</i>”:<i> <i>“(…) cresce ancora / Oreste al limitare / del bosco / mentre osservi, distratto, altri giorni, / ed il tuo amore / si specchia nel lago (…)”; “(…)Sotto un limaccioso azzurro notte, / sembri quasi intravedere / le navi-palazzo in fiamme, / mentre un ragazzo steso / all’ombra del sambuco / ti ricorda / quanto lesto / corra il sole d’inverno (…)”.</i><br />
<br />
</i><br />
<div style="text-align: justify;">
In entrambe le composizioni, specchio di atteggiamenti antitetici, l’appiglio che rimane saldo è la presenza fisica del posto, la coscienza del fondale e della sua concretezza: il bosco, il lago, il sambuco, l’azzurro opaco della sera. Pietre miliari rispetto alle quali orientarsi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In tutta onestà bisogna però dire che questa devozione ad un luogo preciso (direi quasi ad un dettaglio geografico) non è nuova nella ‘autore e, se caratterizza in maniera più costante le ultime composizioni, è riscontrabile anche in quelle di qualche anno prima. Il luogo va nominato perché è lì che la suggestione ci ha sorpreso e tornandoci non dovremo solo riconoscere case e palazzi, ma anche il pensiero che quelle case e quei palazzi ci hanno suggerito: <i>“Vagliagli, sei anche questo.” (“Primavera ‘96”); (…) restare vasi comunicanti appena, o stanze comuni in piena Siena ?(…) (“Ombre senesi”)</i>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Altro nodo da segnalare (o lente attraverso la quale vedere) è l’intermittente identificazione fra l’uomo e l’elemento naturale. In questo senso la dinamica è duplice perché da un lato – sotto il punto di vista tecnico – ci si avvale dello strumento metaforico, ma dall’altro – sotto il punto di vista contenutistico – questa metafora appare svuotata dall’incompiutezza dell’identificazione, meta sempre sperata e quasi mai raggiunta. Anche qui possiamo operare un parallelismo tra due componimenti che esemplificano due esiti contrapposti. Ci soffermiamo nuovamente sulle strofe finali; stavolta sono quelle di<i><i> “<i>Tarassaco</i>” </i></i>ed<i><i> “<i>Ombre sacre</i>”<i>: “(…) succhiamo la radice / gustandone a fondo, / prezioso velo, / quel raro e ruvido sapore amaro… // Radi cimeli andati, come ancore / aggrappate al suolo / le ali cambiano forma nel cielo (…)” ; “(…) Nella selva / valse la pena spingersi / per ritrovare il passo / (…) / (…) restiamo sempre irrisolti fantasmi… / commistioni di attimi… / Spasmi di timido inchiostro / sulle pagine bianche… / Ombre / in eterna indagine (…)”.</i> </i></i><br />
<i><i><br />
</i> </i>Si comincia allora a capire come uno dei principali temi di fondo sia l’oscillazione tra compiutezza e incompiutezza o, con minor precisione, ma maggior capacità iconica, tra buio e luce. Prima abbiamo avuto modo d’apprezzare questa oscillazione sotto il punto di vista psicologico, ora la questione è forse ancor più radicale, prettamente fisica.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In <i><i>“<i>Tarassaco</i>”</i></i> l’avvenuta identificazione non è dichiarata, ma emerge dalla sparizione del “noi” che occupava la penultima strofa. Di quelle labbra che succhiavano una radice nel finale non si fa più menzione, rimane solo l’altra parte della pianta<i><i> </i></i>– l<i><i>’”<i>ala</i>” </i></i>- che alla persona sembra fare da specchio, quasi che guardandola mutare nell’aria osservasse pian piano mutare sé stessa. Del resto l’intero testo è un’alternanza di nuclei in cui l’oggetto osservato diviene soggetto della frase successiva, diluendo in sé l’osservatore. Diverso è l’approccio utilizzato in <i><i>“<i>Ombre Sacre</i>”.</i></i> L’evento mancato non emerge per allusione, ma per chiara asserzione testuale. </div>
<div style="text-align: justify;">
<i><i><br />
</i></i></div>
<div style="text-align: justify;">
Ciò che interessa maggiormente è la modalità d’osservazione. Sarebbe sbagliato dire che le strofe ascrivibili ai momenti di “<i>buio</i>” siano la rappresentazione del brutto, laddove solo le parti di “<i>luce</i>” determinano un vero godimento estetico. Entrambe rappresentano un momento di profonda fascinazione per questa ricerca del contatto (con sé o con la natura ) e, per mezzo della prospettiva utilizzata, ci portano fuori da quella temuta “abitudine” di cui si parlava in precedenza.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“<i>Invisibili come sassi</i>” è, a parer mio, un diario di viaggio molto veritiero; riflette fedelmente un l’evoluzione d’un pensiero che tanto si nutre di riferimenti (Montale e Turoldo in primis), ma che è soprattutto specchio delle esperienze vissute e delle sfide che un’esperienza sempre propone.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Vi suggerisco per questo l’incontro con la lettera viva, sperando che anche veniate colti, tra un verso e l’altro, dal fascino livido della delusione e della scintilla, quasi immediata, della riscossa che sta per arrivare.</div>
<i><i><br />
</i></i></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-49176410821027391112014-06-16T03:00:00.000-07:002014-06-16T03:00:09.176-07:00Breve reseña crítica sobre creacionismo y ultraísmo en España<center><b>Breve reseña crítica sobre creacionismo y ultraísmo en España</b></center><br />
<div align="right">Gonzalo Pernas Frías</div><br />
<div style="text-align: justify;">En una sentencia bastante conocida y parafraseada, al menos en publicaciones como la que aloja este texto, Gerardo Diego aseguró haber inventado el Ultraísmo él solo, en Santander<sup>1</sup>. La otra cita canónica –Germán Gullón hace uso de ambas en un estudio imprescindible<sup>2</sup> - es la de Juan Jacobo Bajarlía, quien toma al ultraísmo como al hijo del creacionismo huidobriano<sup>3</sup>. Sin embargo, más allá de las paternidades, la razón de ser del ultraísmo obedece al leitmotiv genérico de toda vanguardia: la desestabilización de usos lingüísticos y representacionales considerables como establecidos; la deconstrucción del <i>constructo</i> sin fin más allá de la propia acción desestabilizadora. El desgaste progresivo del novecentismo –justamente su inevitable <i>normalización</i>- lo haría permeable a los fluidos futuristas, cubistas, dadaístas y expresionistas que venían de Europa, como ejemplifica la consideración de Cansinos Assens como “president” español del dadaísmo, por parte de la revista <i>Dadá</i><sup>4</sup>.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Aunque en la <i>Historia de las literaturas de vanguardia</i> de 1965, Guillermo de Torre reconoce el ultraísmo español como movimiento literario posterior a la estadía de Huidobro en Madrid<sup>5</sup>, el crítico y ultraísta juvenil considera a aquel una suerte de cubismo literario inspirado en Apollinaire, Cendrars y Reverdy. De Torre añade que el creacionismo –implicado en el desarrollo conceptual de una metapoética, más que en un rupturismo incondicional- es independiente del ultraísmo, bien que Juan Larrea y Gerardo Diego abrazasen la propuesta huidobriana desde las dogmática filas ultras. Calumniado a su vez por Reverdy, Huidobro va denostando cada vez más el <i>ismo</i> español desde una atalaya compartida con Assens, quien llega a identificar su <i>Candelabro de los siete brazos</i> (1914) con <i>Las pagodas ocultas</i> (1914). Por su parte, Gerardo Diego defiende la preminencia de la afirmación estética del creacionismo sobre el ultraísmo<sup>6</sup>.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Dejando de lado la polémica Reverdy-Huidobro sobre quién precedió a quién, y que es objeto de gran número de textos académicos que suelen incluir a Herrera y Reissig en cuitas de autoría y plagio, parece claro –como De Torre mostró- que la aportación del francés a <i>su </i>creacionismo culminó en la adaptación literaria de ciertos principios cubistas, más que en la consumación de aquellos en su propia obra. De hecho, Reverdy teorizó sobre la independencia de pintura y poesía como medios autónomos en <i>Nord-Sud</i>, mientras el chileno admitía todo un campo de posibilidades experimentales en el que trabajar<sup>7</sup>. De todas formas y como se sabe, ambos poetas confluyen en la búsqueda de una poesía antimimética, autorreferencial, en fuga de lo poético y al encuentro de lo plástico, y cuyo aspecto más exotérico –por así decir- es su irrefrenable sed de innovación. Esta punta de lanza, genérica de las <i>huidas </i>vanguardistas, fue la que penetró en el ámbito literario que Huidobro frecuentó a su paso por España. El apostolado del poeta, como lo llamaba Assens, cultivó el ultraísmo con semillas huidobrianas, aunque en terreno algo más árido que el París de Max Jacobs o Blaise Cendrars.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Si el término “ultra” fluye de la pluma de Assens<sup>8</sup> –que parodiará el ismo en <i>El movimiento V.P.</i>- Guillermo de Torre concreta la fecha de aparición del manifiesto seminal ultraísta: fue en febrero de 1919, en los periódicos <i>El Liberal</i>, la <i>Jornada </i>y <i>La Correspondencia de España</i><sup>9</sup>. Lejos de las articulaciones discursivas de las vanguardias dadaístas y futuristas, el ultraísmo abraza literalmente todo lo que sea nuevo, y tal pobreza conceptual explica un poco su escasa inflamabilidad; la tímida capacidad revulsiva que ha hecho del ultraísmo poco más que un periodo de estudio por parte de investigadores especializados. El excesivo cuidado con el que el ultraísmo pretendió cuestionar el mundo formal y conceptual del novecentismo, es sin duda uno de los principales motivos de su corto alcance y transitoriedad; algo a lo que debe sumarse –sería poco riguroso obviarlo- el status periférico de España en términos tanto geográficos como culturales.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Tras la visita del profeta de Santiago de Chile, los manifiestos ultraístas acomodaron en la península la propuesta de Marinetti<sup>10</sup>, por una parte, y la de los planteamientos dadaístas por otra, sin olvidar la influencia de otros <i>ismos </i>de las dos primeras décadas del siglo XX. Igualmente, es razonable otorgar al ultraísmo una vigencia de poco más de un lustro: el tiempo que transcurre entre los manifiestos de finales del veinte y el cierre de la madrileña revista <i>Vltra </i>en 1922, justo un año antes de la publicación de <i>Hélices</i><sup>11</sup>. En relación a esta, Juan Bonilla dijo que “al juvenil De Torre le fascinaban las palabras esdrújulas y decía que los motores sonaban mejor que los endecasílabos. Caricaturizar su manera de decir está al alcance de cualquiera, pero no hay que perder de vista que estamos ante un momento de alborada en el que unos jóvenes, hartos de la rima modernista, de los cisnes y las princesas, tratan de acompasar su reloj al de Europa”<sup>12</sup>. </div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Las dificultades del acompasamiento se comprenden recordando cómo De Torre –a diferencia de corresponsales como Alberto Insúa o Ricardo Baeza- escribe sobre las <i>soirée </i>dadaístas a través de terceras personas. Significativamente, en la velada ultraísta del 30 de abril de 1921 en el Ateneo de Madrid, el autor de <i>Hélices </i>comentó “la falta absoluta de perspicacia y de lealtad captadora por parte del público –tan desemejante al que, en aquellos días, disfrutaban los dadás parisinos-”<sup>13</sup>. Falta de un público que reaccionaba adversamente a “la poesía, por llamarla de alguna manera, de Guillermo de Torre, el más recalcitrante, dogmático, desengarzado e invertebrado de todos los colaboradores [de la revista <i>Vltra</i>], pararrayos que sin duda atraía, quemando a los demás poetas, las tormentas de un público reacio a sus fiebres léxicas”<sup>14</sup>. No ha de extrañar el muy vanguardista colofón de la revista citada, con un número exclusivamente dedicado a la generosa publicidad incluida en números anteriores. Era 15 de marzo de 1922, y la acción instrumental de los ultras comenzaba a saborear las hieles de su obsolescencia.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Lo que Bonilla observa sobre el único libro poético de un autor más recordado por su dedicación a la historia de las vanguardias –y su fundación de la editorial Losada en Buenos Aires- se corresponde con lo escrito por Gullón en su <i>Limitaciones del ultraísmo</i>: “diría que la importancia del ultraísmo acaso resida en sus limitaciones, en la continua pugna por acoplar el ritmo del mundo moderno al ritmo lento interno del espíritu”<sup>15</sup>. Y es que Gullón se adscribe a la comprensión de la poesía ultraica como búsqueda –efectivamente- de un plus ultra, al menos lo suficiente como para no conformarse con el valor exclusivamente histórico-anecdótico que Torrente Ballester ve en los experimentos de Guillermo de Torre y compañía. En cualquier caso, el conato de sincronización que la presencia en España de artistas como los Delaunay, Picabia o Barradas –y la seminal de Huidobro, que venimos tratando- propició, afectó un cierto cuasiparoxismo que ayuda a comprender las críticas de D´Ors y el último Cansinos Assens.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">La saña con la que Assens retrató a De Torre<sup>16</sup> y el modo en que se mofó de la <i>aventura </i>ultraísta son, de algún modo, una denuncia de aquella como sucedáneo –incluso como corrupción- de un cubismo y creacionismo <i>serios</i>: los que el sevillano mostró a la élite confusa de poetas que frecuentaba el Café Colonial. Pero Assens no solo divulgó y tradujo a los cubistas franceses, también importunó a Huidobro al relacionarlo con Apollinaire, Jacobs y Reverdy. Si De Torre y correligionarios desvalijaron<sup>17</sup> el legado del chileno –como se ha visto- sin saber muy bien qué y cómo hacer con él, Assens dio a entender que el creacionismo huidobriano era una especie de apéndice cubista, aunque siempre desde un respeto que el autor de La <i>novela de un literato</i> no profesó por ninguno de los jóvenes ultraístas. </div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Huidobro, sospechoso de egolatría irremediable, posible aunque improbable mistificador de fechas relativas a la producción de su obra, acusado incluso de ser un poeta mediocre… tiene sin embargo razones para ver el ultraísmo como una “dégradation ou mauvaise comprehénsion du creationisme”<sup>18</sup>, o más elocuente y menos duramente, como una “escuela fantasista”<sup>19</sup>. El afán “ultra” por ajustarse los relojes, reflejado en manifiestos que no exigieron mucho más que <i>novedad </i>ni asumieron la gravedad metafísica del creacionismo puro –entendido precisamente como búsqueda trascendental de creación pura-, hizo del <i>ismo </i>español un suceso fugaz que cruzaría el Atlántico, y que se mantendría en el plano de la subversión formal. El creacionismo –al menos el creacionismo huidobriano-, sin especular sobre las paternidades con las que empezábamos el texto, buscó efectivamente un <i>hecho nuevo</i> y fugitivo de lo poético. El ultraísmo, bien que no le faltaran razones, se preocupó por desmantelar aquel mundo de cisnes y princesas que se ha mentado, esperando –mientras tanto- la llegada de un <i>contenido </i>que quedó en el camino.</div><br />
________________________________________<br />
<br />
<b>Notas:</b><br />
<span style="font-size: x-small;">1)DELGADO, Fernando G. “Gerardo Diego y las puertas de los ochenta años”. <i>Insula</i>. Nº 354. 1976. Pág. 29.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">2) GULLÓN, Germán. “Limitaciones del ultraísmo”. <i>Revista Iberoamericana</i> VOL XLV. Nº 106-107. Enero-junio. 1979. Págs. 335-342. Pág. 336.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">3) BAJARLÍA, Juan Jacobo. <i>El vanguardismo poético en América y España</i>. Perrot. Buenos Aires, 1957. Pág. 18.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">4) Dada Nº 6 (“Bulletin Dada”). París, 1920. Pág. 2.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">5) ROBLES, Mireya. “La disputa sobre la paternidad del creacionismo”. <i>Thesaurus XXVI</i>. Nº1. 1971. Pág. 98.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">6) VALCARCEL, Eva. “Vicente Huidobro y el creacionismo en España”. <i>Huidobro. Homenaje 1893-1993.</i> Eva Valcárcel (ed.). Universidade da Coruña. La Coruña, 1995. Págs. 11-49. Pág. 16.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">7) CASTRO MORALES, Belén. “Los horizontes abiertos del cubismo: Vicente Huidobro y Pablo Picasso”. <i>Anales de literatura chilena</i>. Año 9. Nº 9, 2008. Págs. 149-167. Pág. 154.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">8) En CANSINOS ASSENS, Rafael. “La nueva lírica: su irradiación”. <i>La Correspondencia de España</i>. Madrid, 1918. Pág. 4.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">9) SARMIENTO GARCÍA, José Antonio. <i>Las veladas ultraístas</i>. Universidad de Castilla-La Mancha. Cuenca, 2013. Pág. 15.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">10) MARINETTI, Filippo Tommaso. <i>Manifesto tecnico della letteratura futurista (pliego)</i>. Direzione del Movimento Futurista, Milán, 1912.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">11) DE TORRE, Guillermo. <i>Hélices</i>. Mundo Latino. Madrid, 1923; <i>Hélices</i>. Reedición facsímil a cargo de José María Barrera López, (preliminar de Miguel de Torre Borges). Centro Cultural de la Generación del 27. Málaga, 2000. </span><br />
<span style="font-size: x-small;">12) GARCÍA MARTÍN, José Luis. <i>Poetas de novecientos. Entre el modernismo y la vanguardia [Antología]. Tomo II. De Guillermo de Torre a Ramón Gaya.</i> Fundación Santander Central Hispano. Madrid, 2001. Pág.11.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">13) OSUNA, Rafael. <i>Revistas de la Vanguardia española.</i> Renacimiento. Sevilla, 2005. Pág. 187.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">14) <i>Op. cit.</i> Pág. 197.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">15) GULLÓN, Germán. “Limitaciones del ultraísmo”. Revista Iberoamericana VOL XLV. Nº 106-107. Enero-junio. 1979. Págs. 335-342. Pág. 337.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">16) Un buen ejemplo es la siguiente semblanza: “ingenuo, candoroso y al mismo tiempo de una audacia y un aplomo invulnerables a desaires y burlas. Pequeñito, vestido como un pollo pera, con el pelo cortado a rape, unos ojos inexpresivos, unas orejas como ventiladores y un hablar gangoso debido a la nariz torcida, y llevando bajo el brazo una carterita de colegial”. Citado en DIAZ DE REVENGA, Francisco Javier. “Cansinos Assens, Guillermo de Torre y los orígenes de la Vanguardia en España”. Monteagudo. 3ª época, Nº 10. 2005. Págs. 135-138. Pág. 138.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">17) CASTRO MORALES, Belén. “Los horizontes abiertos del cubismo: Vicente Huidobro y Pablo Picasso”. Anales de literatura chilena. Año 9. Nº 9, 2008. Págs. 149-167. Pág. 155.</span><br />
<span style="font-size: x-small;">18) Citado en CASTRO MORALES, Belén. “Los horizontes abiertos del cubismo: Vicente Huidobro y Pablo Picasso”. Anales de literatura chilena. Año 9. Nº 9, 2008. Págs. 149-167. Pág. 157. </span><br />
<span style="font-size: x-small;">19) <i>Op. cit. Id.</i></span><br />
<span style="font-size: x-small;"><br />
</span> <br />
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-81726428370472860302014-05-25T01:59:00.001-07:002014-05-25T02:04:09.256-07:00Vicente Cervera Salinas<br />
<center>
<b>HIJOS DEL DEVENIR</b></center>
<br />
Descubren que no es cierta<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAVp-7UhMSAvFLFQxqtJz02a4bAwTeGOf0PI5aqHJ0I5s1mWFuO3M0qPAdhxGXWVKPPB1T0LH__LimeYaBOi7Mz4aZ1kUeLE53DdnBiLVxMjGC4yuETbKppBgKXNxa7NUAm4lx9kEg6K4/s1600/figli+del+divenire.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAVp-7UhMSAvFLFQxqtJz02a4bAwTeGOf0PI5aqHJ0I5s1mWFuO3M0qPAdhxGXWVKPPB1T0LH__LimeYaBOi7Mz4aZ1kUeLE53DdnBiLVxMjGC4yuETbKppBgKXNxa7NUAm4lx9kEg6K4/s320/figli+del+divenire.jpg" /></a>la sentencia: “Sólo un camino conduce<br />
al bien, e infinitos, al error”.<br />
Equivocarse no es errar. Lo <br />
formulan en la dicha que los asalta<br />
cuando estampan una respuesta,<br />
o cuando deben decidir entre el viaje<br />
y la calma. Un punto en el mapa<br />
se actualiza en cientos de planos y placeres<br />
imprevistos, en miríadas de sorpresas, <br />
en espantos incontables. Un día <br />
los encontré: se asemejaban<br />
a humaredas, que prometían<br />
calor en el hogar remoto<br />
y perseguido. Como ellas, se esfumaban<br />
al tocar su entraña, que no era,<br />
que no los habitaba… Imaginé<br />
entonces que nada podría seducir<br />
tan agriamente el corazón, y <br />
di en ensayar sus movimientos<br />
y sus bellas mutaciones. Os confieso<br />
que fui fiel a esa senda serpentina, <br />
a ese sendero siempre abierto hacia<br />
otras nuevas direcciones. Os confío<br />
una verdad que allí aprendí: no <br />
se renuncia ni a la muerte al devenir.<br />
Siempre el reposo se hace guía.<br />
Siempre la guía se desprende<br />
hacia otro fin. Siempre es un fin<br />
que se proyecta al paradero que <br />
dejamos sin vista. Oscuros <br />
nombres sustituyen viejas fٖórmulas<br />
de estricta idolatría. Ya no eres<br />
más quien eras. Te prohijaron mares cálidos,<br />
ciudades blasonadas, confusas<br />
lenguas. No eres ya más<br />
quien dijo: “De una vez”. Te <br />
apadrinaron estaciones, bocas de<br />
metro, tarjetas postales, o las persianas<br />
de un hotel donde fugaste de tu ser.<br />
No perfeccionas una línea<br />
que trazaste única: como el sol,<br />
como la noche, como el fuego<br />
y como la marea, alcazas los átomos<br />
de la intensidad. Luego te eclipsas.<br />
Y procreas devenires sin parar.<br />
<br />
<br />
<br />
<center>
<b>FIGLI DEL DIVENIRE</b></center>
<br />
Scoprono che non è vera<br />
la sentenza: “Un sentiero solo conduce<br />
al bene, e infiniti all’errore”.<br />
Sbagliarsi non è errare.<br />
Lo si vede nella gioia che li assale<br />
quando danno forma alla risposta,<br />
o devono decidere tra il viaggio <br />
e la quiete. Un punto sulla mappa<br />
rimanda a centinaia di piani e di piaceri<br />
imprevisti, a miriadi di sorprese,<br />
a innumerevoli spaventi. Un giorno<br />
li ho visti: somigliavano<br />
a nuvole di fumo, promesse di<br />
calore in un lontano e bramato<br />
focolare. Come queste, sfumavano <br />
toccando loro l’anima, che non era,<br />
che non trovava lì dimora… Ho immaginato<br />
allora che nulla potesse sedurre<br />
così amaramente il cuore, e <br />
ho voluto provarne i movimenti<br />
e le belle mutazioni. Vi confesso<br />
che ero fedele a quella strada serpentina<br />
a quel sentiero sempre aperto verso<br />
altre nuove direzioni. Vi confido<br />
una verità che lì ho imparato: anche<br />
alla morte non rinuncio, in divenire.<br />
Il riposo diviene sempre guida.<br />
La guida tende sempre <br />
ad altri fini. È sempre un fine<br />
proiettato verso il luogo<br />
non visitato. Rimpiazzano<br />
gli oscuri nomi le vecchie formule<br />
di una dura idolatria. Ormai non sei<br />
colui che eri. Ti hanno accolto caldi mari,<br />
città blasonate, confuse<br />
lingue. Ormai non sei più colui<br />
che aveva detto “Basta”. Ti <br />
hanno accolto le stazioni, le entrate del <br />
metrò, le cartoline o le persiane<br />
di un hotel dove fuggivi dal tuo essere.<br />
Non migliori più una linea<br />
che hai tracciato unica: come il sole,<br />
come la notte, come il fuoco<br />
e come la marea, giungi agli atomi<br />
dell’intensità. Poi ti eclissi.<br />
E procrei incessante il divenire.<br />
<br />
<br />
<b>Vicente Cervera Salinas</b>, de <i>Figli del divenire</i>, Iride, Rubettino, 2013, traducido por la prof. Marina Bianchi y el prof. Mario Francisco Benvenuto.<br />
Muchas gracias al autor por enviarnos el poema.El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-75457590171288279552014-04-24T02:33:00.000-07:002014-04-24T02:35:21.747-07:00Tra sogno, viaggio e passo da acrobata<center>
<b>TRA SOGNO, VIAGGIO E PASSO DA ACROBATA</b><br />
(Carmen Leonor Ferro “ACROBATA”; traduzione di Alessio Brandolini)</center>
<br />
<div align="right">
Eleonora Mozziconi<br />
Davide Toffoli</div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
</div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgw9x7s2KNxgJIlWuTVLRj9L56LjaHfvq73P7YFgwPSCdap_IMYAHcROHnIPlY-Uv6EWTfifmgelck3WBKUnYuX7jeFgtI2h2LL1Q4ca6BvHaP_BNArZfGLWPQp8veaCJsO2EmB3aPiF34/s1600/Acrobata.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgw9x7s2KNxgJIlWuTVLRj9L56LjaHfvq73P7YFgwPSCdap_IMYAHcROHnIPlY-Uv6EWTfifmgelck3WBKUnYuX7jeFgtI2h2LL1Q4ca6BvHaP_BNArZfGLWPQp8veaCJsO2EmB3aPiF34/s1600/Acrobata.jpg" height="320" width="214" /></a><i>Acróbata</i>” è una elegante pubblicazione bilingue del 2011, per la Raffaelli Editore: un’antologia poetica che include testi estratti dal libro “<i>El viaje</i>” (2004) e delle successive raccolte inedite “<i>Acróbata</i>” e “<i>Inestabilidad</i>”, qui pubblicate per la prima volta sia in spagnolo che in italiano, nella traduzione dello scrittore romano Alessio Brandolini. L’autrice, Carmen Leonor Ferro, è nata a Caracas nel 1962, laureata in chimica all’Università Simón Bolivar; ha fondato la casa editrice Luna Nueva dell’Università Metropolitana di Caracas, specializzata in traduzioni di poesia. Ha tradotto in spagnolo Ungaretti, Penna e Antonia Pozzi. Vive in Italia dal 2005 ed attualmente è curatrice della collana di poesia ispanoamericana della casa editrice Raffaelli.<br />
<br />
<br />
L’antologia si apre con la sezione “<i>El viaje</i>” dove, seppur in chiave evocativa, si fa spazio l’esperienza autobiografica dell’autrice, venezuelana ma discendente da immigrati europei fuggiti in America Latina in cerca di speranze e lontano dalla distruzione lasciata dalle guerre e dalla mostruosità dei totalitarismi. La parola è immaginazione, strumento inimitabile per muoversi in uno spazio alieno, inseguendo un “viaggio inverso”, interamente rivolto verso le origini, in un duplice itinerario: quello più reale e fisico del ritorno verso l’Italia dei nonni e quello più immaginario e chimerico verso il recupero del passato, muovendosi sempre con equilibrio da acrobata tra desiderio e memoria. L’eredità lasciata dai nonni è un libro, ma soprattutto un “mare”, che nel simbolo si trasforma neppure troppo lentamente in “oceano” da attraversare, percorrendo a ritroso il percorso degli avi: “<i>Mis abuelos / me habían / dejado / como regalo / un libro / que describía / el mar de un pueblo / pequeño y pobre / del sur de Italia</i>”. Un tema ricorrente è quello del “sogno”, spesso desiderio assoluto del viaggio (“<i>Lo único / que me hacía / levantar / de la cama / y cruzar la frontera / al otro mundo / era el sueño / del viaje</i>”), fuga da un presente percepito come distante e dalle mille maschere indossate nella quotidianità (“<i>la fuga / ma hablaba / día a día / de mis muertes pequeñas</i>”). Sempre il mare è simbolo costante di un futuro che chiama al viaggio necessario: si tenta di immaginare percorsi alternativi, si cerca di restare (“<i>por momentos / uno cree / que el viaje / se acabó / y piensa // esta es la realidad / voy a vivir en ella / como un huésped / a ver si algún día / habla conmigo</i>”); il luogo cui ritornare è una sorta di Eden da riconquistare, prima nel sogno, poi nella vita reale (“<i>del paraiso / nos viene / el lado quieto / de las noches / esas horas / en que nos quedamos / dormidos // sin remordimientos</i>”). Proprio dall’opposizione quasi dialettica tra sogno e realtà scaturiscono l’abbandonarsi alla fuga e il vero inizio del viaggio (“<i>El viaje comienza / cuando estamo despiertos</i>”; e ancora “<i>Muchas veces / tuve la impresión / de esisti / en la huida // si algo me ataba / a mi deseo / de viaje / era desdibujar / lo que la vida / se empeñaba / en decirme // el mar / podía con todo // con mi sueño / de doncella / con mi visiones / de la tardes</i>”). Ormai non c’è più scelta (“<i>Todos los caminos / conducen / a mi casa</i>”; e ancora “<i>sueño / café y galletas / para el desayuno</i>”). Chiudono la sezione: “<i>El jardín</i>”, nella quale il fantomatico paradiso terrestre tanto agognato sembra ormai raggiunto, tra ancestrali presenze (“<i>Algo / que no podría llamarse / terreno / avanza // he aprendido / a aceptar esta fuerza // sin prisa // camino hacia la puerta</i>”); e “<i>La casa</i>” , spazio fisico dell’incontro con la famiglia, simbolo di protezione e immagine paradigmatica dell’universo, dove passato e presente finalmente convivono (“<i>Nos vemos más de cerca / uno el otro”; “el mar está dormido / por una calle baja / un puñado de gente // Día de San Gennaro / en Napoli // en toda partes / descubro / la cara de mi abuelo</i>”).<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhA5a1PREAWFefMSsQKKpKs5kOGueSSIQQpi0EvUwpxlw0KrrRVxrdkHmBwes6bBB1lQIvmodJbm1xjELWURXgaJuYlM09Vfp-34swDyXM46__NeW2f_4K5zLft4XYj-fCWyXgEVrKCIeg/s1600/Carmen+Leonor+Ferro1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhA5a1PREAWFefMSsQKKpKs5kOGueSSIQQpi0EvUwpxlw0KrrRVxrdkHmBwes6bBB1lQIvmodJbm1xjELWURXgaJuYlM09Vfp-34swDyXM46__NeW2f_4K5zLft4XYj-fCWyXgEVrKCIeg/s1600/Carmen+Leonor+Ferro1.jpg" height="320" width="320" /></a></div>
La seconda sezione è “<i>Inestabilidad</i>”, interamente attraversata dal senso di precarietà trasmesso dal dualismo ineluttabile tra vita e morte (“<i>La inestabilidad / convive / con la ilusión de tiempo</i>”), dove ogni esistenza quotidianamente muore e si rinnova (“<i>Nada es estable / bajo el sol</i>”; perché “<i>El universo / es una ilusión / que se prolonga en cada parpadeo // y que muere / cada istante / dentro de nosostros</i>”). Sembra che la poetessa osservi con ammirazione gli aspetti ben visibili della natura (“<i>Busco la solidez / de las hojas / que caen en el agua</i>”), in un universo che sembra una sorta di “grande gioco” (“<i>Parte del juego / de la fugacidad / es no saber / que el universo miente / a través del pasado / a través de su forma ilusoria / en nosotros</i>”). In un mondo fatto di frammenti si afferma il ciclo inarrestabile di vita-morte-resurrezione (“<i>Permitir el paso de las horas / como si el mundo / fuera más / que fragmentos</i>”). La vita resta percepita come instabilità (“<i>El olor / a desaparición / pre existe / a cada epifanía</i>”; o ancora “<i>el tiempo existe / para que algo perezca</i>”). L’essere umano, nei suoi costanti tentativi di solidità, è come un insieme di particelle “<i>mientras / el viento insiste / recio / contra la arena</i>” (“<i>El mundo / está hecho / de desapariciones / de burlas a la estabilidad // la solidez de una palabra / reposa / en el eco infinito / que se propaga hacia el pasado / hacia el tiempo / que ahora se extingue</i>”); prova a nutrirsi di sogni e illusioni, scoprendosi però impaurita sintesi di “frammenti” (“<i>Cada ilusión de casa / cada ideal de refugio / lo inestable / nos acompaña / y nos nombra / para luego mostrarnos / la nada / y los espero rotos</i>”) o, più frequentemente, morto o addormentato (“<i>en un instante / el paisaje del sueño / habrá cambiado / y entonces / apareceremos / muertos / - o dormidos –</i> “). Un senso di eterna caduta si affaccia inesorabile (“<i>Caes / sin ilusión de regresar</i>”).</div>
<div style="text-align: justify;">
Si approda così all’ultima sezione “<i>Acróbata</i>”: nel dormiveglia, l’uomo torna ad interrogarsi sulle reali possibilità di incontrare il proprio passato (“<i>aprendo a perdonar / mi desencuentro / al respirar / desnudez”; “buscaba a mis amigos / a los</i> adolescentes acróbatas”). Sembra essere la parola poetica una possibile soluzione per “<i>diseñar un alfabeto útil / al sueño</i>”, mentre l’artista-acrobata persiste nella sua disperata resistenza grazie alle sue sibilline sensazioni (“<i>nos toma la sensación / de venir de otro mundo / frágiles organismos / en sueños</i>”). L’esistenza appare come una successione di enigmi da decifrare, lasciando respirare una sorta di presagio di morte al cospetto di un mondo che è destinato a durare (“<i>Hay un camino atemporal / que no es transitable / hay una cita / a la que no asistiremos</i>”), ma anche una suggestiva ipotesi di “fusione” nella “luce del sogno” (“<i>Soñé / un cuerpo // frágil / como la lluvia // vestía / mi delgadez / de niña / me confundía / con la tela del aire // casi incorpórea // al ritmo / de una nada perfecta // subía / como una virgen // transparente / soluble // a la luz</i>”; o ancora “<i>Si tú aparecías / eras parte de todo / y allí no había distancia / entre yo / - solo, incólume, perfecto - / y ambos / - indiferenciados, poderosos, ciegos –</i> “). La poesia di Carmen Leonor Ferro si conferma incentrata sulla costante necessità di reinventarsi propria di ogni essere umano, sempre pronto per forza di cose a “prendere il primo treno” verso una storia sempre nuova, con la sensazione poco appagante di percepirsi incompleto. In questo panorama spiazzante, spetta forse al “sogno della poesia”, seppur sfocato o deforme, ritagliarsi un ruolo privilegiato di consapevolezza o di speranza: “<i>Hacer caso / a las deformidades del sueño / - con cariño - / me pareció saludable</i>”.</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0231pGGrZjWDaOhBuolGAP1l9lgNNzaUZoG1JiVagkaLQ6z9xV_hw2AAbrZqSL1GNOqd1uWbu5KGVxiGL5GnySvwYpWEQMbCAq30kQAiXcS-MzhlOQMImJfldmEY0EwYs4sMyqIZVqbE/s1600/Carmen+Leonor+Ferro2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0231pGGrZjWDaOhBuolGAP1l9lgNNzaUZoG1JiVagkaLQ6z9xV_hw2AAbrZqSL1GNOqd1uWbu5KGVxiGL5GnySvwYpWEQMbCAq30kQAiXcS-MzhlOQMImJfldmEY0EwYs4sMyqIZVqbE/s1600/Carmen+Leonor+Ferro2.jpg" height="191" width="400" /></a></div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-70047823947781733242014-04-04T05:32:00.000-07:002014-04-04T05:33:20.991-07:00«Las Sevillanas»<br />
<center>
<b>Fernando Villalón <b><br />
(Sevilla, 1881 - Madrid, 1930)</b></b></center>
<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGxCQJuM17eAyHL0n7N2AIbDluVALI8vQHg1ps2fFQU4H0ine-Jc45MrNXk0RgcPKV4TjvyYB2AQYw8q-WDCnenjvqGU1_lxlxt9V2LY0xGACSULzq-xgLwPXNOuRPkpyfythNkk4TXXs/s1600/Fernando+Villal%C3%B3n.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGxCQJuM17eAyHL0n7N2AIbDluVALI8vQHg1ps2fFQU4H0ine-Jc45MrNXk0RgcPKV4TjvyYB2AQYw8q-WDCnenjvqGU1_lxlxt9V2LY0xGACSULzq-xgLwPXNOuRPkpyfythNkk4TXXs/s1600/Fernando+Villal%C3%B3n.jpg" height="320" width="267" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<center>
<table><tbody>
<tr><td><b>Las Sevillanas</b></td></tr>
<tr><td><br />
Trinos de cristal y plata.<br />
Mejillas de bronce y rosa.<br />
Negra noche en la abundosa<br />
pelambre que al clavel ata.<br />
Mirada abismal que mata.<br />
Cuello de tórtola añil.<br />
Fragancias de mes de abril<br />
bajo la falda planchada.<br />
Pies de aire. Faz robada<br />
a una Venus de marfil.</td></tr>
</tbody></table>
</center>
<br />
<br />
<div style="text-align: right;">
(«El alma de las Canciones», <i>Andalucía la Baja</i>, 1926.)</div>
<div style="text-align: right;">
En <i>Poesías completas</i>, ed. de Jacques Issorel, Madrid, Cátedra, 1998, p. 148. </div>
<br />
Agradecemos al profesor Jacques Issorel el envío del poema. <br />
<br />
<br />
<br />El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-68151536878470816982014-02-03T01:33:00.000-08:002014-04-04T05:34:05.196-07:00Fernando Ortiz<center>
<b>Fernando Ortiz</b></center>
<br />
<div align="right">
Marina Bianchi<br />
Università di Bergamo</div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2zWyYrj78QeD0-IjquI_2rdFZ71g3gaJGWNXjtbw2Orcx-wfdaD7dqql3RdwT1qFkP-kv2jUDendTcf_kTm9mdZ9uNl6hVaevUOp6_CDxrtHZqpiwWBCe52JyIIaOh4-GiIYMVQNUKXk/s1600/sevilla-fernando-ortiz--229x229.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2zWyYrj78QeD0-IjquI_2rdFZ71g3gaJGWNXjtbw2Orcx-wfdaD7dqql3RdwT1qFkP-kv2jUDendTcf_kTm9mdZ9uNl6hVaevUOp6_CDxrtHZqpiwWBCe52JyIIaOh4-GiIYMVQNUKXk/s1600/sevilla-fernando-ortiz--229x229.jpg" /></a>El noto poeta sevillano Fernando Ortiz (8 de marzo 1947 – 28 de enero de 2014) falleció en su ciudad natal la noche del pasado martes 28 de enero. Hemos perdido un Maestro que cantaba con humor y fino sarcasmo al tiempo que se iba y le acercaba a su fatal destino, un gran conocedor de poesía, un </div>
crítico de indudable calidad, un ensayista imprescindible para conocer la lírica española contemporánea y un excelente articulista, ganador del Premio Andalucía de periodismo en 1978, del Premio José María Pemán de artículos periodísticos en 1989 y del Premio Nacional de Poesía Vicente Núñez en 1991.<br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Pero, ante cualquier otra cosa, hemos perdido un gran Amigo, brillante, sincero y disponible, que dispensaba preciados consejos a jóvenes escritores y estudiosos de la literatura española, que nos regalaba charlas y bromas –siempre entremezcladas– sobre la poesía y la vida, enseñándonos a amar las dos con la misma intensidad.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTMdXieMPJ4CSM95OaN4kwEqSV7Al9WpDci-3dRY4njJwW10xfaHQ7IrA9CyvPUi1aFGAWfKA1TsYFnxyes47iehcchtEmZ2TlFKc2ZYEUFmdn3Dno1W16jypJlvtvC-VdffPgBDVRups/s1600/fernando+ortiz.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTMdXieMPJ4CSM95OaN4kwEqSV7Al9WpDci-3dRY4njJwW10xfaHQ7IrA9CyvPUi1aFGAWfKA1TsYFnxyes47iehcchtEmZ2TlFKc2ZYEUFmdn3Dno1W16jypJlvtvC-VdffPgBDVRups/s1600/fernando+ortiz.jpg" height="196" width="320" /></a>La poesía era para él un deseo de autenticidad expresado mediante una métrica perfecta, una búsqueda para entender la realidad y una contemplación reflexiva en la que nunca olvidaba su espíritu andaluz, con la luz de esas tierras como símbolo del edén perdido que alumbraba la sombra del paso del tiempo en cada uno de sus versos, y con la actitud vitalista que no dejaba de acompañar su elegía. Su yo literario filtraba lo trascendente y metafísico desde lo existencialista, con la conciencia de pertenecer a la modernidad de la “estirpe de Bécquer”, pero sin perder la herencia recibida de la metáfora barroca de Góngora, de la actitud romántica del mismo Bécquer, de la búsqueda de la palabra exacta y esencial de Juan Ramón Jiménez, de la ironía sutil de la tradición popular del sur de España, de los mejores miembros de la Generación del 27, de la palabra familiar y directa de la Generación del 50 y de la literatura europea –sobre todo la inglesa.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Su primer poemario, <i>Primera despedida</i>, vio la luz en 1978, seguido por <i>Personæ</i> en 1981, <i>Vieja amiga</i> en 1984, <i>Marzo</i> y <i>La ciudad y sus sombras</i> en 1986, <i>Recado de escribir</i> en 1990, <i>Un funcionario</i> en 1991, <i>El verano</i> en 1992, <i>Vieja amiga</i> (1975-1993) –su poesía completa hasta 1993– en 1994, <i>Moneditas</i> en 1996, <i>Posdata</i> en 1999, <i>Poetas en Sevilla. Antología poética de Fernando Ortiz</i> en 2002, <i>Versos y años. Poesia</i> 1975-2003 en 2003, <i>Galería de Espejos</i> en 2007, la edición ampliada de <i>Vieja amiga. Poesia (1975-2008)</i> en 2008, <i>Poesía de una vida. Antología poética 1978-2011</i> y <i>Miradas al Último Espejo</i> (Poesía 2007-2010) en 2011, <i>Después del Siglo XX</i> y <i>Platica</i> en 2012.</div>
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Sus últimos poemas se hallan recogidos en una antología argentina que Fernando no tuvo el tiempo de ver físicamente en libro, resultado de una intensa y amistosa colaboración entre él y yo: <i>Pasos que se alejan. Antología poética 1978-2013</i> (Buenos Aires, Viajera Editorial, diciembre 2013). Además, en la Colección <i>El Duende</i> de los QIA, saldrá pronto el epistolario en verso entre Fernando Ortiz y su amigo José Manuel Velázquez, sevillano como él.</div>
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A todos nos quedan sus poemas y su legado literario; pero los amigos, además, tendremos para siempre su generosidad como ejemplo, la sagacidad de sus palabras vivas en el recuerdo y el eco de su sonrisa en el corazón.</div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-76584747936079250022014-01-25T02:29:00.001-08:002014-01-25T02:29:40.088-08:00Un suggestivo labirinto intriso di profumi<center>
<b>UN SUGGESTIVO LABIRINTO INTRISO DI PROFUMI<br />
(Pilar Fernández “<i>RETORNO A LA CIUDAD DE LOS ESPEJOS</i>”)</b></center>
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<div align="right">
Eleonora Mozziconi<br />
Davide Toffoli</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvd2oeQl97PdZeA-Pbwl2c3F79SwVR_0JjXPgDAW4rUh9rsqTZbr20JZnAyni-nvAJ_mfTy9meWx_Ywkvtk5j7fC717PqNzZ-hfLZ7k_M5HCDQdK7SKpyjKUPFk5lhAfDJKIhDso-Z67c/s1600/Pilar+Fern%C3%A1ndez.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvd2oeQl97PdZeA-Pbwl2c3F79SwVR_0JjXPgDAW4rUh9rsqTZbr20JZnAyni-nvAJ_mfTy9meWx_Ywkvtk5j7fC717PqNzZ-hfLZ7k_M5HCDQdK7SKpyjKUPFk5lhAfDJKIhDso-Z67c/s1600/Pilar+Fern%C3%A1ndez.jpg" height="320" width="240" /></a><i>“Retorno a la ciudad de los espejos</i>” è una silloge pubblicata nel 1992 nella Colección “<i>Alcazaba</i>” della Diputación Provincial de Badajoz; l’autrice è Pilar Fernández, nata a Badajoz nel 1959, che dal cuore dell’Estremadura affronta un vero e proprio viaggio in versi, muovendosi con animo attento e insaziabile da <i>flâneur</i> tra le strade di una città soltanto evocata. Si respira l’aroma soave della brezza di una Lisbona, che mai viene realmente nominata e che quindi conserva un fascino particolare, intriso di oggetti squisitamente reali e simbologie quasi esoteriche, che le permette di fondersi a tutte le città possibili in un non-luogo al tempo stesso esatto e indefinito.</div>
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È una poesia composta da scatti rapidi e fuggenti, da brevi frammenti assolutamente privi di rime e punteggiatura, ma intrisi di profondo e puro lirismo (“<i>Surges bella y ociosa / sembrada de farolas / ciudad de tanta muerte / en tu verdes pupilas un esplendor de estatuas</i>”). I versi sono sempre carichi di colori (“<i>Lagos de piedra blanca detenida en el tiempo</i>”; “<i>Por un mar de olas rojas y dragones suicidas</i>” (…) “<i>al timón horizonte de luz rubio esmeralda</i>”), spesso concentrati su giochi e su effetti di luce (“<i>En la ciudad dormida / de dorados tranvías y palomas oscuras / buscábamos un cielo más puro de luciérnagas / un mar de carabelas azules y astrolabios</i>”; “<i>…es como una caricia de sal / un blanco lienzo / que la lluvia oscurece</i>”), con atmosfere che prediligono situazioni di crepuscolo, di penombre o di passaggio (“<i>La ciudad nos habita / con la caricia blanca y azul de sus almenas / laberinto en penumbra</i>”; “<i>Partieron una tarde con la luz del crepúscolo / hacia tierras dormidas</i>”). </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSdWY-seqVFOVA3MMhp6p2ms-4vREILkjsn5DsiLL-uBoYd_vLWvcgxhOWEDF5ceTplE6Ub_WyIEOWSyxcwdm1ezWwLpZeGkwqvE7-Op1m1a_iQyOA8QCQUW-MHFHw_MGdvKS61DCLYt8/s1600/Pilar+Fern%C3%A1ndez-jazmin.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSdWY-seqVFOVA3MMhp6p2ms-4vREILkjsn5DsiLL-uBoYd_vLWvcgxhOWEDF5ceTplE6Ub_WyIEOWSyxcwdm1ezWwLpZeGkwqvE7-Op1m1a_iQyOA8QCQUW-MHFHw_MGdvKS61DCLYt8/s1600/Pilar+Fern%C3%A1ndez-jazmin.jpg" height="320" width="240" /></a>Le liriche della Fernández trasudano una profonda intimità del viaggio e del racconto, che avvolge emotivamente il lettore con una grande quantità di odori, spesso ben decifrabili, ma anche insinuanti, misteriosi ed evocativi (“<i>Amarte es un delirio / de vagones a oscuras / de luna solitaria con aroma a jazmines / se me ofrece como una flor nocturna / sólo yo he conocido / su secreto perfume</i>”; “<i>Su bahía perfumada de limones y velas</i>”; “<i>Tienes un eco amargo de lentas carabelas / cataratas de pájaro de lluvia de perfume / en los negros arcones / todos los signos dicen de tus amaneceres / ciudad de los espejos</i>”). La fragranza più presente è quella squisitamente estiva del gelsomino notturno, chiamato in causa con nomi affascinanti e sempre diversi ( “<i>Dama de Noche</i>”, “<i>jazmines</i>” o ”<i>Galán de Noche</i>”). </div>
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La poetessa si lascia sedurre da un’intrigante “fascinazione del confine”, preferendo atmosfere di nebbia o penombra, immagini quasi mai dirette, che vivono piuttosto nei rimandi di esse che derivano dagli ambienti circostanti e che parrebbero sottolineare l’irremovibile sacralità di ogni punto di vista, seppur conservando l’indiscutibile centralità dell’io. Il profondo senso di mistero, che caratterizza i suoi versi, si addensa soprattutto nelle linee di confine e nei luoghi di incontro, proponendo di volta in volta simboli diversi quali l’orizzonte, una riva bagnata dalle acque, una barca che smuove il mare calmo lasciando una scia di spuma come sottile traccia (“<i>adivina si puedes la linea misteriosa / entre il cielo y el mar / dos paraísos iguales</i>”; “<i>Las olas no saben de amor / y te buscan / fragrantes y rubias ascende tus muslos / cuando indiferente paseas por la orilla / ajeno a su ritmo / de lentas caricias</i>”).</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1NJscRHISg8jWyXVCQevyO4LBQolLCoNzE3EiSobEPM0GKuDIPBUnkPE9VAZDvdaL-UqIdnsjYsksAKdk2ySuXujnKeaGa28x4iSPr7SYo0B_7WYk-yLruU51Ild2BnzmmQd1Zb9EWgM/s1600/Pilar+Fern%25C3%25A1ndez-ciudadespejos.jpg.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1NJscRHISg8jWyXVCQevyO4LBQolLCoNzE3EiSobEPM0GKuDIPBUnkPE9VAZDvdaL-UqIdnsjYsksAKdk2ySuXujnKeaGa28x4iSPr7SYo0B_7WYk-yLruU51Ild2BnzmmQd1Zb9EWgM/s1600/Pilar+Fern%25C3%25A1ndez-ciudadespejos.jpg.png" height="320" width="224" /></a>Le sue liriche sono vere e proprie istantanee, scattate dall’occhio vigile del <i>flâneur</i>, che ritorna, affronta la città e si inoltra nei suoi meandri più oscuri ed intriganti (“<i>Tú frente a los cavallo de piedra / y el estanque / bordado de nenúfares / en el ángulo izquierdo un cisne solitario / la técnica transforma en materia / el recuerdo</i>”). Tra ricordi, sogni, desideri e memorie, lungo i binari dei tram, nella città senza nome, non mancano riferimenti intrisi di esotismo quasi sacralizzante (“<i>Íbamos de la mano / por la ciudad sin nombre / entre leones de piedra blanca y enredaderas / evocando la rosa lejana de los vientos / el llanto en los pezones / de alguna diosa negra</i>”).</div>
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Tuttavia, il vitalissimo viaggio delle liriche vede apparire ossimoriche presenze di morte che rimandano ad una sorta di “paradosso dell’amore” (“<i>Tus palabras / me cubren de lenta muerte dulce / paisaje devorado por tiernos escorpiones / golondrina de sangre y harapientas estrellas / infierno donde oculta sus dardos / la locura</i>”); la raccolta si chiude proprio sotto questo segno, all’apice del viaggio, con la lirica “Cénit” (“<i>Como un lento cadáver / que caminara a ciegas / que dijese calabra vacías / y sintiera como la sangre ardiente / deserta sus arterias / tu ausencia</i>”).</div>
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La “Città degli Specchi” di Pilar Fernández è un suggestivo labirinto in cui, da lettori, vale di certo la pena perdersi.</div>
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<br />El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-7552413010899902572014-01-08T01:51:00.000-08:002014-01-08T01:51:43.857-08:00Luuanda de Luandino Vieira <center>
<b><em>Luuanda</em> de Luandino Vieira – alicerce fundamental da construção da identidade angolana</b></center>
<br />
<div align="right">
Regina Célia Pereira da Silva<br />
Università degli Studi l’Orientale di Napoli</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibIQT4j69FKs23R2PveI9XHQbZPZfun-XwVgm5n2tegvjyoKtdBJAFude2Nu_A4fDQnMoi_cV1FMv8m_eRPE3WWNlN43HyrPyOyumHshUfX-3R1jljyeINJ3Q_vIz7kVxkt-kyQC2X70o/s1600/Luandino+Vieira.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibIQT4j69FKs23R2PveI9XHQbZPZfun-XwVgm5n2tegvjyoKtdBJAFude2Nu_A4fDQnMoi_cV1FMv8m_eRPE3WWNlN43HyrPyOyumHshUfX-3R1jljyeINJ3Q_vIz7kVxkt-kyQC2X70o/s1600/Luandino+Vieira.jpg" height="320" width="246" /></a>Nos passados dias 18 e 19 de novembro de 2013, realizou-se na Università degli Studi di Napoli l’Orientale, um ciclo de conferências sobre o tema “<i>Luuanda</i> di Luandino Vieira cinquant’anni dopo”. A esta iniciativa participaram os escritores angolanos Ana Paula Tavares e Ondjaki (este recebeu recentemente o Prémio Saramago 2013 pelo seu livro <i>Os transparentes</i>). </div>
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O encontro realizado com estes dois escritores, fez-me lembrar as famosas tertúlias portuguesas que se desenrolavam ao sabor de um café ou de uma cerveja bebidos na Brasileira. De facto, o clima que se criou ente todos era informal e extremamente amigável o que proporcionou uma grande abertura e até confidência – é Ana Paula Tavares que o confirma, em primeira pessoa, quando declara que iria contar mais uma história acontecida em Luanda, autobiográfica evidentemente.</div>
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Tudo parte do famoso livro de Luandino Vieira <i>Luuanda</i> publicado em 1964 e escrito durante a sua estadia na prisão, para onde tinha sido arrastado pela polícia política, devido às suas ideias políticas. Acusado de ter ligações políticas com o Movimento Popular de Libertação de Angola (MPLA) foi preso em 1959 pela PIDE - Polícia Internacional de Defesa do Estado, no âmbito do que ficou conhecido como "processo dos 50". Em 1961 voltou a ser preso, tendo sido condenado a 14 anos de prisão e a rigorosas medidas de segurança. Em 1964 foi transferido para o campo de concentração do Tarrafal, em Cabo Verde, onde viveu oito anos, tendo sido libertado em 1972, em regime de residência vigiada. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3sMjFFqoqkOBM8lflMP-AkhqVj82hlSlRAkl12NSsZOzLKHHRxAdPAcn5uIq5d8B_Tno8pVgegAEZ1YjxqYV2SRU_Cy8brRJcUyl2yOMvetyOuJBtRSicu_gqdyptjuyJ5Iy1K8dx-e8/s1600/luuanda.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3sMjFFqoqkOBM8lflMP-AkhqVj82hlSlRAkl12NSsZOzLKHHRxAdPAcn5uIq5d8B_Tno8pVgegAEZ1YjxqYV2SRU_Cy8brRJcUyl2yOMvetyOuJBtRSicu_gqdyptjuyJ5Iy1K8dx-e8/s1600/luuanda.png" /></a>O volume <i>Luuanda</i> reúne três narrativas que retratam a dura realidade que se vivia nos musseques angolanos durante o colonialismo. Assim, a preocupação fundamental do autor era aquela de ser o mais fiel possível à realidade. Para Ondjaki, este livro é constituído por uma trilogia - <i>Vavó Xixi e seu neto Zeca Santos</i>, <i>Estória do ladrão e do papagaio</i> e <i>Estória da galinha e do ovo</i> - que abrange a infância, a adolêscencia e a vida madura autor e, revela simultaneamente a dimensão crítica, cívica e literária do mesmo. A elaboração literária de <i>Luuanda</i> deixa entrever uma perspectiva utópica da <em>Luuanda</em> revela um homem guerrilheiro e contemporaneamente literário e que este não existe sem aquele. Constituí uma ponte entre o mundo interior e aquele exterior, no âmbito literário. Trata-se de um livro que se baseia na conexão reclusão-reflexão-reaprendizagem, isto é, na vida de prisioneiro que, apesar da sua condição, não deixa de pensar e reflectir.</div>
realidade. Concebida num momento histórico revolucionário, esta obra simboliza a consolidação paulatina do processo de resistência popular que se opõe ao poder colonial, sugerindo caminhos para a transformação efectiva da sociedade angolana. Os autores angolanos, afirmam ainda que <br />
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Por outro lado, é de salientar qe a escrita literária de <i>Luuanda</i>, escolhida por Luandino Vieira, já não apresenta aquele portuguê de Coimbra ou de Lisboa, não só devido à introdução do quimbundo e devido à subversão das estuturas sintáticas e gramaticais, onde a oralidade africana e a forma de contar livre típica angolana se articulam com o discurso narrativo do autor mas fundamentalmente porque as representações do quotidiano que descreve – a fome, a miséria, falta de recursos materiais, etc – revelam a existência de uma Angola diferente daquela que o colonizador fotografava.</div>
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O escritor enquadra-se na geração da <i>Cultura</i> (II), surgida no final dos anos 50, para prolongar a acção do Movimento dos Novos Intelectuais de Angola (MNIA, 1948) e da <i>Mensagem</i> (1951-52), de que se destacaram, entre outros, António Cardoso, Arnaldo Santos e Henrique Abranches. </div>
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Afirma Ana Paula Tavares que as narrativas de Luandino Vieira dos anos 60-70 apresentam um fio lógico que as une e que se concretiza no nascimento da consciência de nacionalidade, daquela angolana. Tal conciência surge como um sentimento de pertença a um país que está surgindo e vem crescendo progressivamente. </div>
El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3894973205575522974.post-57542054965707611902013-12-23T02:05:00.001-08:002014-04-04T05:34:21.125-07:00Dos poemas de Aitana Alberti<center>
<b>MATER DULCISSIMA</b></center>
<br />
<div align="right">
<small><i>De nuevo nacer.<br />
VIRGILIO PIÑERA</i></small></div>
<br />
Anoche me llegaste madre no sé de qué lugar<br />
tal vez de dentro de mí misma o de algún paraíso<br />
donde las madres al fin hallan reposo<br />
<br />
Eras una envolvente cercanía<br />
un agua clara derramada sobre mi inquietud<br />
<br />
Madre exacta destinada a mi solo tamaño<br />
me descubriste mundos a tu justa medida<br />
El halo de tus pasos ciñéndome abarcándome<br />
irradia todos los posibles caminos<br />
<br />
Anoche nuevamente fui la recién venida<br />
que los astros te dieron<br />
Qué descanso saberme pura inocencia deseada<br />
Así madre en tu vientre quiero partir un día<br />
He de llamarte entonces<br />
Regresarás a mí para nacer mi muerte<br />
<br />
<br />
<center>
_____________</center>
<br />
<br />
<br />
<center>
<b>CRÓNICA FAMILIAR</b></center>
<br />
<div align="right">
<small>A Pablo Armando Fernández</small></div>
<br />
Rodeada de mis perros estoy en el centro de la vida <br />
Algunos me miran desde lejos con ojos de agua enamorada <br />
otros en mi regazo ahuyentan sombras<br />
<br />
Alrededor convergen corredores <br />
donde padre camina devanando poemas<br />
que espejos curvos repiten sin descanso<br />
La palabra se nutre del silencio<br />
absorbe todo el aire de mi entorno<br />
<br />
En rincones oscuros madre dialoga con la Muerte<br />
La Muerte tiene hambres inmortales<br />
con ávidos engaños la devora<br />
y madre al fin le entrega el pequeño esqueleto<br />
sin que yo pueda hurtarle ni un ápice de espanto<br />
<br />
Padre en tanto recurre al último exorcismo<br />
porque nada es vedado <br />
cuando la gloria toca sus clarines<br />
Accede a paraísos o espejismos<br />
que se disgregan en fugas apocalípticas<br />
o lo mecen en sueños de eternidad<br />
<br />
Madre nos deja para siempre su agonía en susurros<br />
alza en vilo todos mis dolores<br />
la siento recostada en mi cuerpo<br />
dentro de mí ha tejido su capullo <br />
con los hilos enmarañados que unen nuestras cabezas<br />
Y juntas contemplamos desde la orilla desolada<br />
un panorama extraño<br />
<br />
<br />
Aitana Alberti, de <i>Crónica Familiar</i>, 2011<br />
<br />
<small>Agradecemos a la traductora italiana de Aitana Alberti, la profesora Carla Perugini, por enviarnos los poemas. Quien esté interesado puede encontrar una selección de textos traducidos en italiano en la antología recién publicada <a href="http://www.edizioniets.it/scheda.asp?N=9788846737236"><i>Abitare la solitudine</i></a>, Edizioni ETS, Pisa, 2013.</small>El Duendehttp://www.blogger.com/profile/10810492346342821564noreply@blogger.com0