(Rosa Maria Lencero, "COMO AMANTES DE ETRURIA")
Eleonora Mozziconi
Davide Toffoli
Davide Toffoli


esposto nel museo etrusco di Villa Giulia a Roma, e presenta ambientazioni e paesaggi di derivazione classica, scegliendo come luogo privilegiato, come personale Eden, le atmosfere delle antiche genti della Tuscia, intrise di un senso della vita e della morte fuori dal comune.
Tra foglie di acanto, violacciocche, radici e verbene, quello che si delinea è soprattutto un paesaggio dell’anima, che evoca una storia che si nutre di umanissimi contrasti, Amore e Morte, vitalità estrema e preparazione mai rassegnata alla scomparsa, piante profumate e vive e vimini secchi e intrecciati. Molti sono gli animali che popolano i “quadri” disegnati dalla Lencero e si muovono con la tipica eleganza e leggiadria dei volatili: colombe, rondini, tortore e oropendole si alternano ad animali mitologici e nobilmente evocativi come la Fenice.
I suoi versi hanno il ritmo dell’attesa (“Yo espero. / Los naufragios. / Las ráfagas de dolor en el silencio. / Los duendes ciegos. / Las palomas que rompen espejos de sombras. / Sólo tú me atraviesas en la desdicha. / Acércate / y líbrame de la ilusión che me atraganta / de lluvias amargas / como saliva ausente de besos.”), la frenesia e il desiderio dell’amplesso (“Para gozarte, con alas talares llegaré / a ti, como a un nido de golondrinas enamoradas”), i sapori della frutta resi soavi, unici e speciali da uno stato di grazia (“Ven mi enamorado / ven y goza el sabor de las fresas / el zumo que destilo para tus vasos / ven que será mi boca para ti / de ananás fragrante y carnosa”).
È poesia del sentimento, dell’immagine, della visualizzazione emotiva e ricercata, ricca di metafore e fortemente evocativa (“Así será la memoria nuestra, / un crisol que alumbrará mansiones invisibles / a los ojos de los que no amaron / y perdieron en la vida el secreto de su existencia”). È attraversata dai profumi delle aromatiche: mirto, lavanda, salvia, timo bianco; ma anche da sentori decisi di muschio e di nardo. È poesia dell’Amore, vivo e vivificante nel suo legame privilegiato con la Natura e con il suo ciclico rinascere, ma al tempo stesso pervaso da un imprescindibile senso di Morte che, da semplice ed etrusco presagio, gradualmente tramuta in consapevole certezza e cruda realtà. I versi hanno la fragile precarietà dei sogni e del tempo che scorre inesorabile dentro una clessidra (“Qué minúscula e insignificante. / Qué pequeña y corta nos fían la vida, / Cuando te miro, pienso que la carne / es un reloj de arena. / Lástima de los sueños, hoy quimeras. / Crees que cuando la felicidad se anuda / en tu pañuelo, los pliegues podrá guardarla. / Qué cansada estoy, cómo me pesas en la calma / que gime agazapada en tu pecho, / me acuso de sobrevivir estallando agonía”). In estrema sintesi, un prezioso sguardo, femminile e salvifico, sul mondo.