Jordi Virallonga. Fa triste

Jordi Virallonga, Fa triste

di Ivan Fassio


“Le città esistono dovunque” scrive Jordi Virallonga in una poesia, “Grammatica”, che potremmo definire “pro-grammatica” all'interno della raccolta “Fa Triste”, recentemente pubblicata da Sentieri Meridiani Edizioni nella traduzione di Emilio Coco.
Le città, come prodotto conclusivo di un processo di presa di coscienza sociale, rappresentano il punto di partenza di una realtà fondata sullo scambio. Tale scambio, analizzato nelle strutture capitalistiche che regolano il mondo occidentale contemporaneo, non è equo. Da qui, la condizione “spaesata” dell'intellettuale, in bilico tra attaccamento e recupero della tradizione e critica ai valori della modernità.
Virallonga sceglie – analiticamente – di lavorare sulle strutture. Lo fa attingendo, problematicamente, dal dibattito novecentesco su urbanistica, paesaggio e architettura. Ogni poeta vive la geografia del mondo che lo circonda accompagnato da una scissione esistenziale: la distanza tra la razionalità dello studioso e l'incompatibilità spirituale con i meccanismi sociali.
Citando un altro titolo all'interno della raccolta, “Mimesi dell'Architetto”, potremmo parlare di divario tra progettualità dettata da esigenze economiche di praticità e convivenza e constatazione delle reali necessità esistenziali dell'uomo.
La casa, la città, l'insieme delle relazioni, ogni cosmo e ogni microcosmo conservano l'intelaiatura del rapporto di convenienza tra le parti, ma rivelano l'arbitrarietà delle consuetudini. Sono “fatti che si spiegano con un'equazione matematica” che, tuttavia, esprimono in superficie tutto il disagio della civiltà contemporanea. Che cosa fa, dunque, il poeta? Si dispera, ma di una disperazione cauta. Si rattrista in coscienza, saldo e consapevole di creare – post-modernisticamente - lamentazioni, critiche, invettive. Sa che dovrebbe “sperare che l'abitudine funzioni”. Praticando il corpo di quest'abitudine, la seziona anatomicamente, come se si trattasse di un'autopsia necessaria a chiarire le cause di n decesso. Così, in”Anatomia della Speranza”, il “dolore perverte qualcosa di questo piacere di civile uguaglianza”. Il desiderio rende l'uomo disposto a tutto, in una maniacale volontà di “potere”: possibile scavalcamento di ogni regola di convivenza con il prossimo...
“La morte non è la morte, è un morto”: in questa sala settaria, l'unico concetto che il chirurgo nn riesce a situare in una struttura di pensiero è la morte, che resta saldamente radicata nell'identità di ognuno. “L'uomo resiste nella polvere”, infatti.
“Fa sole e fa noia” e, di conseguenza, “presto verranno le vacanze”: misero e gretto sollievo, spartiacque tra impegni lavorativi e progettualità familiare e sentimentale. Fa triste pensarci, ma è così. Tutto il consueto gioco di ruolo, che il poeta, lo scrittore e il filosofo maledicono, perdendo le staffe di fronte all'inevitabile impossibilità d'azione...


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